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OpenAI, arriva la versione aziendale di ChatGPT

OpenAI ha introdotto una versione di ChatGPT progettata per rispondere alle crescenti preoccupazioni delle aziende riguardo alla privacy e alla sicurezza nell’uso di intelligenza artificiale generativa. Questa soluzione, denominata ChatGPT Enterprise, è stata annunciata attraverso un articolo sul blog di OpenAI. Essa promette una maggiore sicurezza, privacy e accesso illimitato ad alta velocità a GPT-4. Inoltre, offre analisi dati avanzate per un’efficace estrazione di informazioni e la possibilità di formulare domande complesse a ChatGPT.

La questione della privacy e della sicurezza

La questione della privacy e della sicurezza è stata da sempre una preoccupazione per le aziende, che temevano che i loro dati potessero essere utilizzati per addestrare modelli di ChatGPT, mettendo a rischio informazioni sensibili dei clienti. OpenAI ha affrontato queste preoccupazioni garantendo agli utenti di ChatGPT Enterprise il pieno controllo e la proprietà dei propri dati, che non verranno utilizzati per l’addestramento di GPT. Oltre alla privacy, ChatGPT Enterprise consente la personalizzazione della conoscenza del modello riguardo ai dati aziendali e fornirà strumenti analitici avanzati, attualmente in fase di sviluppo. Opzioni di prezzo specifiche per piccole squadre saranno introdotte per rendere l’accesso più flessibile. L’obiettivo di OpenAI è coinvolgere il maggior numero di aziende possibile attraverso un processo di integrazione.

Il primo prodotto focalizzato sul settore aziendale

ChatGPT Enterprise, riferisce Adnkronos,  rappresenta il primo prodotto focalizzato sul settore aziendale, differenziandosi dai piani di abbonamento ChatGPT e ChatGPT Plus, che offrono un accesso più generale alla piattaforma. Le aziende che utilizzano già ChatGPT possono scegliere se rimanere fedeli alle opzioni attuali o passare a ChatGPT Enterprise per sfruttare le nuove funzionalità. Mentre alcune aziende hanno preferito connettersi a GPT-4 tramite API o servizi cloud per proteggere i propri dati, molte realtà più piccole hanno trovato difficile creare modelli di linguaggio su larga scala. In risposta a questa esigenza, sono emersi vari fornitori che offrono soluzioni sicure per l’accesso a modelli di linguaggio su larga scala come GPT-4.

Crescerà la concorrenza nel settore?

Con il lancio di ChatGPT Enterprise, ci si aspetta un aumento della concorrenza in questo settore. OpenAI ha anche annunciato l’apertura di GPT-3.5 all’addestramento personalizzato, consentendo agli utenti di adattare il modello alle proprie esigenze specifiche. Queste evoluzioni segnalano una crescente attenzione al bilanciamento tra l’innovazione nell’IA e la protezione dei dati aziendali e della privacy dei clienti.

Come presentare nel modo più attraente possibile i prodotti del mio negozio?

Presentare i propri prodotti in modo attraente è fondamentale per qualsiasi tipo di attività commerciale.

Una presentazione efficace può infatti far la differenza tra un prodotto che viene notato e uno che passa inosservato: per questo motivo abbiamo deciso di fornirti alcuni consigli sul come presentare nel modo più attraente possibile i prodotti del tuo negozio.

L’organizzazione degli scaffali

Se hai un negozio fisico, l’organizzazione degli scaffali è fondamentale per presentare i prodotti nel modo migliore.

Assicurati di organizzare i prodotti in modo logico e coerente, in modo che i clienti possano trovare ciò che cercano facilmente.

Sarebbe inoltre importante utilizzare scaffali e supporti adatti alle dimensioni dei prodotti, per evitare che sembrino disordinati o poco curati.

Disposizione  degli arredi e punti focali

La disposizione adeguata degli arredi e degli espositori all’interno di un negozio è fondamentale per infondere un senso di ordine e benessere nei clienti.

Spazi agevoli per il passaggio, punti focali strategici e un’organizzazione accurata dei prodotti favoriscono un’esperienza di shopping piacevole.

Proprio l’uso strategico di punti focali può aiutare a catturare l’attenzione dei clienti e guidarli nella scelta dei prodotti.

Gli espositori posizionati in punti strategici ad esempio, possono mostrare i prodotti in modo accattivante, stimolando il desiderio dei clienti di avvicinarsi e scoprire di più.

L’importanza della pulizia

Mantieni sempre gli scaffali puliti e in ordine. Un ambiente pulito e ordinato può influire positivamente sulla percezione dei clienti sulla qualità dei prodotti.

Inoltre, assicurati di rimuovere gli eventuali prodotti scaduti o danneggiati per evitare che i clienti ne facciano uso e si lamentino successivamente.

L’utilizzo di materiale promozionale

L’utilizzo di materiali promozionali all’interno del negozio, come cartellonistica e display, può attirare l’attenzione dei clienti sui prodotti in vendita. Assicurati di utilizzare materiali di alta qualità e ben realizzati per garantire un impatto visivo efficace. Inoltre, scegli la posizione giusta per questo tipo di materiale, in modo che sia visibile e non crei confusione.

L’importanza della coerenza

Assicurati che lo stile espositivo e l’eventuale cartellonistica interna siano coerenti con l’immagine del tuo negozio e con i prodotti che vendi. Utilizza lo stesso stile grafico e lo stesso linguaggio visivo per creare un’immagine coordinata e professionale.

L’importanza dell’esperienza d’acquisto

Come è noto, l’esperienza d’acquisto è un fattore cruciale per far sì che i clienti tornino a varcare la soglia tuo negozio.

Fai in modo da creare un ambiente veramente accogliente e confortevole, con personale disponibile e cortese. Fai inoltre in modo di assicurarti che tutti i prodotti siano esposti in maniera accattivante e che vengano valorizzati al meglio dalla giusta illuminazione.

In base alla tipologia di prodotti che vendi, tieni in considerazione gli espositori in cartone: sono resistenti e facilmente personalizzabili, trasmettono cura per l’ambiente e naturalezza.

Il servizio post-vendita

Il servizio post-vendita può fare la differenza tra un cliente soddisfatto e uno deluso. Assicurati di fornire un servizio post-vendita di alta qualità, con un’assistenza clienti disponibile e pronta a rispondere a eventuali domande o problemi.

In questo modo, i clienti si sentiranno sempre tutelati quando acquistano qualcosa da te, dunque avranno un’esperienza che percepiranno certamente come positiva e saranno più propensi a tornare a fare acquisti nel tuo negozio.

Conclusioni

Presentare nel modo più attraente possibile i prodotti del tuo negozio richiede sicuramente un po’ di attenzione e cura, ma può fare la differenza tra un prodotto che viene notato e uno che passa inosservato.

Tieni a mente i fattori elencati in questo articolo, grazie ai quali potrai presentare i tuoi prodotti nel modo migliore possibile dando una percezione di alta qualità  ai tuoi clienti.

Mondo del lavoro, 8 italiani su 10 sono contenti della loro occupazione

Otto italiani su 10 dichiarano di essere soddisfatto del proprio lavoro. E la ragione di questa “soddisfazione” non è necessariamente lo stipendio. Infatti, la retribuzione si posiziona solamente al terzo posto nella hit degli aspetti che rendono piacevole la propria occupazione. I fattori determinanti, invece, risultano essere la realizzazione personale, la formazione e le opportunità di crescita professionale. Mantenere un equilibrio adeguato tra lavoro e vita privata occupa il quarto posto, mentre godere di un buon clima lavorativo chiude la classifica. Questo è il quadro che emerge dalla recente ricerca Ipsos commissionata da Amazon, intitolata “Il futuro del lavoro: viaggio attraverso la percezione del lavoro nell’Italia di oggi”. Molte di queste caratteristiche ritornano anche nella descrizione del lavoro ideale. La ricerca è decisamente rappresentativa, dato che è stata condotta su un campione di 1.800 persone di età compresa tra i 18 e i 59 anni che lavorano o hanno cercato attivamente lavoro negli ultimi 12 mesi.

Lo stipendio fisso è importante per la metà degli italiani

Sebbene la stabilità garantita da un reddito fisso e costante nel tempo rimanga un aspetto importante per oltre la metà degli italiani, l’equilibrio tra lavoro e vita privata risulta essere il fattore determinante anche quando si pensa al lavoro ideale. La meritocrazia e un clima positivo sul posto di lavoro sono indicati da quattro italiani su dieci. In generale, i lavoratori italiani preferirebbero una modalità di lavoro che consenta di alternare il lavoro in presenza con il lavoro da remoto (52%), ritenendo che questa sia una scelta condivisa anche da molte aziende. Si evidenzia inoltre una maggiore consapevolezza da parte dei lavoratori che non sono più disposti ad accontentarsi. Il 56% cerca un’occupazione in linea con il proprio percorso di studi, senza fare compromessi, o che corrisponda alle proprie passioni. Parallelamente all’indagine condotta da Ipsos su un campione rappresentativo della popolazione italiana, gli stessi quesiti sono stati rivolti anche ai dipendenti di Amazon in Italia. Dalla ricerca parallela sono emersi dati coerenti con quelli del Paese nel complesso: infatti, se il 90% dei dipendenti Amazon si ritiene soddisfatto, tale percentuale sale al 62% quando si considerano coloro che si dichiarano “estremamente o molto soddisfatti”, a differenza del 47% del campione generale.

Però il mondo del lavoro presente è peggiore di quello passato

Nonostante i dati positivi in merito al livello di soddisfazione, solo il 19% degli intervistati ritiene che il mondo del lavoro sia migliorato negli ultimi anni. Una percentuale del 57% crede sia peggiorato, soprattutto in termini di retribuzione, welfare e benefit (63%), ambiente di lavoro e valori aziendali (51%), flessibilità ed equilibrio tra lavoro e vita privata (48%). L’evoluzione del lavoro ha coinvolto anche le professioni stesse: un terzo degli intervistati ha dichiarato di svolgere un lavoro che dieci anni fa non esisteva o che non era presente all’interno della propria azienda. 

Il ruolo dell’AI nella transizione digitale delle imprese

L’impatto stimato dall’Osservatorio EY dell’uso dell’Intelligenza artificiale sul prodotto interno globale è di 15 trilioni di dollari entro il 2030. Attualmente, però, solo l’8% delle aziende è impegnato nell’adozione diffusa di tale tecnologia. Inoltre, se nell’ultimo anno l’Italia ha investito 457 milioni di euro nell’AI, a livello europeo sono stati investiti 15 miliardi. Il margine di crescita in questo settore in Italia è quindi ancora ampio.
Di fatto, oltre a intervenire su diversi ambiti della vita quotidiana, l’Intelligenza Artificiale è in grado di imprimere un’accelerazione nella transizione digitale delle imprese. Finora le aziende che hanno accolto l’AI in tutta l’azienda hanno ottenuto un valore significativo dei loro investimenti, e in genere dedicano il 70% di tali investimenti all’integrazione dell’AI nei processi aziendali, il 20% alle tecnologie e il 10% negli algoritmi di AI.

L’adozione dell’AI richiede un cambio di mindset

Per le aziende le possibili applicazioni sono diverse: automazione di interi processi, come gestione dei dati e del personale, ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e servizi con riduzione dei costi, tempi e aumento della qualità, personalizzazione della relazione con i clienti, e miglioramento dell’efficienza di dipendenti e collaboratori aziendali L’adozione dell’AI richiede, però, un cambio di mindset da parte di aziende e organizzazioni. “Non si tratta solo di acquisire tecnologie avanzate, ma di implementare un approccio olistico – commenta Paolo Lobetti Bodoni, consulting leader di EY Italia -. Questa modalità di implementazione a 360° è la chiave per generare vero valore a lungo termine”.

Servono governance adeguata e investimenti

Ignorare questa nascente rivoluzione fornita dall’AI “significa condannare le proprie imprese a una minor competitività nel mercato globale, e per l’Italia, perdere l’opportunità di accelerare la propria trasformazione digitale”, aggiunge Lobetti Bodoni.
Per un’applicazione su larga scala dell’AI, riporta Adnkronos, servirebbe una spinta decisa, ma non senza un’adeguata governance, che garantisca una corretta adozione della tecnologia, con particolare riferimento alla sicurezza e alla protezione dei dati. Oltre a investimenti, che per quanto riguarda il nostro Paese, pur aumentati del 30% nell’ultimo anno, ci vedono ancora piuttosto indietro rispetto a Usa, Cina, Regno Unito, Francia, Germania e Spagna.

Integrare conoscenza del processo, etica e sicurezza

Per fare in modo che l’AI rappresenti un valore aggiunto le imprese dovrebbero allineare la cultura, la struttura e le modalità di lavoro adottando una strategia integrata tra conoscenza del processo, etica e sicurezza. Il che si tradurrebbe in un cambio di atteggiamento complessivo, a cominciare dallo sviluppo di conoscenze specifiche, la definizione di processi di lavoro che integrino l’AI in modo efficace anche tramite regole chiare e un’infrastruttura adeguata.
Un modello di business ‘AI driven’, in cui l’organizzazione è interamente progettata attorno all’Intelligenza Artificiale e basata su di essa, e dove ogni funzione deve essere pensata per migliorare efficienza ed efficacia della strategia.

I dati congiunturali per l’Industria lombarda nel primo trimestre 2023

Secondo le elaborazioni effettuate dal Servizio Studi Statistica e Programmazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, il primo trimestre 2023 fa registrare un aumento rispetto al quarto trimestre 2022 sia della produzione industriale (+0,9% destagionalizzato), sia del fatturato dell’Industria lombarda (+2% destagionalizzato).
A crescere sono anche le commesse acquisite dai mercati esteri (+2,1% destagionalizzato), mentre risultano in calo quelle interne (-1,3%). In particolare, per l’area di Milano, il quadro delinea un aumento congiunturale della produzione industriale e del fatturato (+0,3% e +2,3% destagionalizzato).
La crescita rispetto al dato lombardo è maggiore per la produzione e per il fatturato locale (+1,8% per la Lombardia, destagionalizzato).

Produzione, fatturato e ordini dell’area di Milano

Per gli ordini interni il dato congiunturale cresce in modo più marcato per l’industria milanese rispetto alla manifattura lombarda (rispettivamente +3,4% e +0,3 destagionalizzato), allo stesso modo gli ordini esteri, per cui la performance milanese risulta migliore (+6,4% rispetto al dato lombardo di +0,8% destagionalizzato). Secondo l’analisi tendenziale, il primo trimestre 2023 ha consentito all’area metropolitana milanese di crescere del 3,3% per la produzione, più del dato lombardo (+2,5% in un anno). Se si considera la crescita netta del fatturato, sempre raffrontata al primo trimestre 2022, l’aumento è del 9,1% a livello locale e del 7,7% a livello regionale.

La capacità produttiva di Monza e Brianza

In relazione al portafoglio ordini, Milano registra un livello superiore a quello relativo al primo trimestre 2022 (+6,5%), con performance migliore rispetto alla manifattura lombarda (+2,8%). Inoltre, i mercati esteri milanesi hanno ripreso la crescita in modo più incisivo (+11,1%) rispetto alla componente interna (+4,1%).
Anche la crescita tendenziale della capacità produttiva di Monza e Brianza colloca i volumi prodotti a un livello superiore rispetto al primo trimestre 2022 (+3,3%), superiore rispetto al dato lombardo (+2,5%). Nello stesso periodo, i dati della manifattura brianzola per fatturato (+7,8%) sono in linea con il dato lombardo (+7,7%), mentre il portafoglio ordini del manifatturiero brianzolo evidenzia un incremento reale inferiore a quanto registrato in Lombardia (rispettivamente +2% e +2,8%).

Le performance di Lodi

Anche Lodi evidenzia una crescita rispetto al trimestre precedente per la produzione industriale (+2,7% destagionalizzato), accompagnato dalla crescita del fatturato (+0,5% destagionalizzato), dalle commesse acquisite dai mercati interni (+0,1% destagionalizzato), e dagli ordini esteri (+0,9%).
Relativamente all’analisi tendenziale, la crescita della produzione si attesta a +5,2%, performance migliore rispetto al dato lombardo (+2,5%), e in relazione al fatturato, il recupero si attesta a +3,6%, inferiore per intensità al dato regionale (+7,7%). Per quanto riguarda gli ordini, crescono in un anno del 2,6% rispetto al 2,8% lombardo.

Come trovare i profili tech in dieci mosse

La scarsa disponibilità di profili tech qualificati oggi mette in seria difficoltà le aziende. “La principale motivazione per cui le aziende non trovano profili tech disponibili è da ricercarsi nella spinta alla digitalizzazione – commenta Lorenzo Danese, co-founder di TimeFlow – che ha visto, negli ultimi 5 anni, una crescita incredibile delle richieste e che ha portato il mercato locale a non essere più sufficiente per soddisfare la domanda di competenze”.
Il mercato dei servizi IT oggi vale oltre 1 miliardo di dollari a livello globale, e continua a crescere di anno in anno di oltre il 6%. Ma come fare per attrarre e trattenere i migliori talenti tech? TimeFlow suggerisce le 10 ‘mosse’ chiave a cui le aziende dovrebbero prestare la massima attenzione.

Offrire salari competitivi e benefici per i dipendenti

Secondo TimeFlow è necessario investire in tecnologie avanzate, fornire risorse per la formazione e lo sviluppo delle competenze, e promuovere una cultura aziendale che valorizzi innovazione, creatività e lavoro di squadra. Ma soprattutto, offrire salari competitivi e benefici per i dipendenti, come bonus, piani pensionistici, assicurazioni e vacanze pagate. È necessario poi anche fornire opportunità di formazione e sviluppo professionale, come corsi di formazione, conferenze e workshop. E offrire un ambiente di lavoro stimolante e collaborativo che promuova la creatività e l’innovazione.
Si deve poi puntare a implementare politiche di lavoro flessibili, come lavoro a distanza o orari flessibili, che consentano ai dipendenti di equilibrare meglio la vita professionale e privata.

Promuovere una cultura aziendale che incoraggi l’inclusione

Inoltre, le aziende dovrebbero offrire opportunità di lavoro interessanti e sfidanti, con la possibilità di lavorare su progetti innovativi e all’avanguardia. E promuovere una cultura aziendale che incoraggi l’inclusione, la diversità e l’uguaglianza, creando un ambiente di lavoro accogliente e inclusivo.
Inoltre, è necessario fornire una buona gestione dei dipendenti, includendo feedback regolari, opportunità di carriera e supporto per lo sviluppo delle competenze. E ancora, offrire un ambiente di lavoro sano e sicuro, con la giusta attenzione alla salute e alla sicurezza dei dipendenti.

Fornire senso di appartenenza e coinvolgere i dipendenti

Le ultime due mosse vincenti individuate da TimeFlow sono promuovere una forte comunicazione e trasparenza in azienda, creando una cultura di apertura e di dialogo. Così da fornire un forte senso di appartenenza e di valutazione dei dipendenti, incoraggiando il loro coinvolgimento nella cultura aziendale e nella condivisione della visione e della missione dell’azienda. Insomma, per attrarre e trattenere i migliori talenti tech secondo TimeFlow è necessario offrire principalmente un ambiente di lavoro stimolante, sicuro, accogliente e che preveda opportunità di crescita e di sviluppo professionale.

Nel 2023 le Pmi sono pronte ad assumere, ma come trattenere i talenti?

Nel 2023 le Pmi sono pronte ad assumere personale, ma l’obiettivo primario è trattenere i talenti. Secondo l’Indagine InfoJobs, Trend mercato del lavoro 2023, quest’anno l’87% degli HR conferma l’intenzione di assumere nuovi collaboratori, il 46,6% in numero limitato per sostituire eventuali dimissionari (12,6%), e il 27,8% in numero elevato.
“Le Pmi italiane si trovano a fronteggiare un contesto socioeconomico ancora molto sfidante, unito a nuove modalità di approccio al lavoro drasticamente cambiate dopo gli anni della pandemia – commenta Filippo Saini, head of job di InfoJobs -. Per questo attivano leve di welfare aziendale in grado di soddisfare le persone, trattenere e attirare i talenti, garantendo stabilità alle attività e alle strutture aziendali stesse”.

Più investimenti in formazione e sviluppo

Il 9,4% delle aziende però non pensa a nuove assunzioni, nemmeno per sostituire i dimissionari, e il 3,7% valuta la riduzione del personale. Dal punto di vista della tipologia di contratti, per il 49,7% vigeranno i medesimi criteri del passato, un 40,1% punta a poche figure, ma qualitativamente selezionate, e il 10,2% preferisce contratti flessibili. Tra i temi più caldi affrontati dagli HR italiani emerge poi la valorizzazione e la riqualificazione delle risorse interne. Sebbene il 47,6% non preveda azioni specifiche, e il 14,3% dichiari di dover ridurre l’organico, accompagnandolo con azioni di prepensionamento o percorsi di outplacement, cresce la consapevolezza dell’importanza degli investimenti in formazione e sviluppo (38,1%).

Puntare sulle azioni di retention

Ma c’è anche un 35,3% che non ha notato mutamenti nel numero di dimissioni rispetto al passato, e il 9,7% che vede addirittura nel momento storico, tra inflazione e aumento del costo della vita, una riduzione del numero di dimissionari. Proprio il tema dei rincari e delle congiunture socio-politico-economiche spinge oltre la metà delle aziende a ritenere strategiche azioni a sostegno dei propri dipendenti in ottica di retention. Per il 27,8% si tratta di benefit (buoni pasto, agevolazioni trasporti/parcheggi), il 16,5% valuta bonus/contributi aggiuntivi in busta paga, e il 15,8% pensa a una politica di aumenti o adeguamenti degli stipendi. Ma il 13,5% non trova necessaria alcuna azione, e il 26,3% sarebbe intenzionato a supportare i dipendenti, ma non può per motivi economici.

Attraction, digital4human, lavoro ibrido, diversity inclusion

Poiché l’azienda deve interrogarsi su come essere ingaggiante per i suoi dipendenti, e non lasciarsi sfuggire le risorse migliori, secondo gli HR fra i trend del lavoro 2023 spiccano la retention (42,9%) e l’attraction (24,8%), magari attuando strategie multi-canale di employer branding per attrarre i migliori talenti. La tecnologia è poi un alleato prezioso, che se usato correttamente può davvero fare la differenza, anche nei processi di ricerca, selezione e gestione del personale (digital4human, 12,8%). Ma altre vere e proprie sfide consisteranno nel conciliare i benefici del lavoro in presenza e da remoto (lavoro ibrido, 11,3%), e creare maggiore senso di appartenenza, non solo per superare la distanza tra persone e azienda (diversity inclusion, 8,3%).

La settimana lavorativa di 4 giorni fa bene a dipendenti e imprese: l’esperimento inglese

E se la risposta allo stress lavorativo e all’emergenza delle grandi dimissioni fosse ridurre l’orario di lavoro? Forse è così. A indicare che questa potrebbe essere la strada per il benessere dei dipendenti (e di conseguenza delle aziende) è un esperimento condotto in Gran Bretagna. Si tratta del maggiore test al mondo effettuato in questo ambito e ha riguardato 61 grandi imprese di vari settori per circa 2.900 collaboratori. Per sei mesi, dal giugno 2021, le aziende coinvolte si sono impegnate a ridurre del 20% l’orario di lavoro per tutto il personale, garantendo al tempo stesso parità di salario per i propri dipendenti. Si è così scoperto che la settimana lavorativa di 4 giorni è molto più vantaggiosa sotto il profilo della salute, della produttività e dell’impegno. Inoltre sembra essere un antidoto al fenomeno delle grandi dimissioni.  

56 aziende su 61 continueranno il percorso

La ricerca, condotta dagli studiosi dell’Università di Cambridge e del Boston College americano e coordinata dall’organizzazione no profit 4 Day Week Global, in collaborazione con il think tank Autonomy e il gruppo di campagna 4 Day Week Campaign, ha dimostrato che per molte imprese la prova è stata tanto produttiva da diventare permanente. Almeno 56 delle 61 aziende che hanno partecipato al programma hanno dichiarato di voler continuare con la settimana lavorativa di quattro giorni. Di queste 18 aziende hanno confermato che questa impostazione è diventata un cambiamento permanente. Solo tre aziende hanno comunicato di aver sospeso per il momento la settimana lavorativa di quattro giorni nella loro organizzazione. E i dipendenti? I risultati hanno rivelato un calo significativo dei tassi di stress e malattia tra i circa 2.900 dipendenti che hanno sperimentato una settimana lavorativa più breve.Circa il 39% dei dipendenti ha dichiarato di essere meno stressato rispetto all’inizio del processo e il numero di giorni di malattia presi durante il processo è diminuito di circa due terzi.

Così aumenta anche il fatturato 

Peraltro – afferma il rapporto, ripreso da Adnkronos – i dipendenti hanno mostrato molta più disponibilità a conservare il proprio posto, nonostante l’esperimento sia stato condotto proprio nel periodo delle “grandi dimissioni” in cui – in un ripensamento post-Covid – moltissimi lavoratori hanno abbandonato le proprie occupazioni in cerca di maggiore flessibilità. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, si è registrato un calo del 57% delle uscite del personale delle società che hanno partecipato al programma. Ma a calare sono stati anche i livelli di ansia, le difficoltà a dormire e i burnout mentre un numero crescente di dipendenti ha ammesso una maggiore facilità nel cercare un equilibrio con le proprie responsabilità familiari. La maggior parte delle aziende ha scelto di concedere a tutto il proprio personale il venerdì libero, mentre alcuni hanno affermato di potersi prendere il lunedì o il venerdì, mentre altri hanno optato per un giorno libero comune per il personale. Buone notizie anche sul fronte economico, visto che nel periodo del test i fatturati delle aziende coinvolte sono aumentati dell’1,4%, dato che balza a +35% rispetto allo stesso periodo del 2021.

Gli orari dei lavoratori italiani? Spesso “antisociali”

Rappresentano circa il 50% del totale degli occupati i lavoratori italiani che operano in orriranno antisociali. Con questa definizione si intendono orari ‘sfasati’ rispetto agli orari diffusi tra la maggioranza della popolazione. Nel dettaglio, il 18,6% dei dipendenti lavora sia di notte che nei festivi (circa 3,2 milioni di persone), il 9,1% anche il sabato e i festivi (ma non la notte), e il 19,3% anche la notte (ma non di sabato o festivi). Gli uomini lavorano sia di notte sia nel fine settimana e nei festivi, mentre le donne lavorano maggiormente il sabato o i festivi. E’ quanto emerge dall’indagine Inapp (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) ‘Plus’ (Participation, Labour, Unemployment Survey), che ha coinvolto 45mila persone dai 18 ai 74 anni.

Straordinari non retribuiti?

I dati singolari non sono finiti qui. La ricerca mette in luce che 1 dipendente su 6 (15,9%) svolge straordinari non retribuiti, un dato che assume proporzioni significative se pensiamo che gli straordinari interessano 6 occupati su 10 (60%), soprattutto uomini (64,7% contro il 54,1% delle donne). E se consideriamo che l’8,1% degli intervistati dichiara di non poter rifiutare di prestare l’extra-lavoro. Numeri che nell’insieme rivelano un più generale problema della regolazione dei tempi di vita e di lavoro, confermato anche dalla rigidità sottolineata dal Rapporto ‘Plus’ per quanto riguarda i permessi: il 21,3% degli occupati (circa 4,7 milioni) dichiara di non poter o non voler prendere permessi per motivi personali, il 54,8% può prenderli e il restante 23,9% può modulare l’impegno lavorativo.

Differenze fra uomini e donne

Gli uomini hanno una maggiore autonomia, mentre per le donne emerge la pressione di un contesto che disincentiva l’uso dei permessi. E sono soprattutto gli autonomi che svolgono la propria attività in condizione di para-subordinazione a dichiarare che nei propri contesti di lavoro o non sono previsti permessi o non è ben visto prenderli.
“Spesso la domanda di lavoro richiede disponibilità che confliggono con le esigenze di vita – dichiara il professor Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp –. È vero che per alcuni settori economici, come il commercio o la sanità, e per alcune professioni, come quelle dei servizi, il lavoro notturno o nei festivi è connaturato alla natura della prestazione, ma è anche vero che questa modalità sembra diffondersi anche dove non è strettamente necessaria. È urgente avviare una seria riflessione sull’organizzazione e articolazione del tempo di lavoro, ma anche sulla sua quantità e distribuzione”.

Lavoro: per il 45,3% delle aziende è difficile reperire personale 

Per dicembre 2022 sono in programma 329.000 assunzioni, un numero inferiore di 24.000 unità rispetto all’anno scorso. Ma la vera criticità sta nella difficoltà di reperimento del personale, un dato che continua a crescere e che a oggi è arrivato al 45,3% del personale ricercato, con una crescita del 7% rispetto al 2021. La flessione delle assunzioni previste per dicembre è da ricondurre al rallentamento dell’economia in seguito alla guerra in Ucraina, alla crisi energetica e all’inflazione, fenomeni strettamente collegati tra loro. Nonostante questo, la domanda di lavoro delle imprese si mantiene su livelli simili a quelli registrati nel medesimo periodo del 2019, prima della pandemia da Covid-19. Lo rileva l’ultimo bollettino del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e ANPAL.

Le professioni high skills più difficili da reperire

L’attenzione va quindi posta in buona parte sul crescente mismatch tra domanda e offerta di lavoro. In base ai dati Excelsior, sulle 329.000 assunzioni programmate per dicembre 149.000 saranno difficoltose o addirittura impossibili. Le imprese motivano la difficoltà nel trovare personale con diversi fattori, a partire dalla mancanza numerica di candidati e dalla loro preparazione inadeguata.
Per quanto riguarda le professioni high skills, i professionisti più difficili da reperire sono gli specialisti nelle scienze della vita (82,7%), i tecnici della salute (62,7%), i tecnici in campo ingegneristico (58,7%), i tecnici di gestione (58,6%), e i tecnici informatici, telematici e delle telecomunicazioni (54,4%).

“Il mismatch tra domanda e offerta non si è sviluppato dal nulla”

È inoltre altissimo il livello di difficoltà dichiarato per la ricerca di dirigenti (72,8%). Quanto invece alle professioni low skills, si presentano difficoltà di reperimento per gli operatori della cura estetica (69,6%), per meccanici, montatori, riparatori e manutentori (69,4%), e per operai di macchine automatiche e semiautomatiche (61,7%). Qual è quindi la soluzione per le imprese, che pur avendo necessità di inserire nuovi talenti non riescono a individuare i necessari candidati?
“Risulta cruciale capire che il problema del mismatch tra domanda e offerta non si è sviluppato dal nulla, e che probabilmente continuerà ad aumentare anche nei prossimi anni, con un concreto aumento dei posti di lavoro disponibili ma non accessibili”, spiega Carola Adami, fondatrice di Adami & Associati.

Investire sulla strategia di employer branding

“Per questo la competitività delle imprese si baserà sempre più sulla capacità di attirare i ‘pochi’ talenti presenti sul mercato del lavoro – continua Adami -. Il primo consiglio è dunque quello di investire sulla propria strategia di employer branding, così da diventare un’opzione naturale per le risorse che sono alla ricerca di una nuova occupazione. Il secondo consiglio è quello di affidare la selezione del personale a dei professionisti come i nostri head hunter, specializzati di volta in volta nei diversi settori. In questo scenario sono infatti poche le aziende che possono permettersi il lusso di ‘sbagliare’ una selezione o di vedere un intero processo di recruiting andare a vuoto”.