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Italia, partite Iva: aumentano nuove figure professionali, calano quelle tradizionali 

Superato il 2020, annus horribilis caratterizzato dalla pandemia, il numero di lavoratori autonomi in Italia è tornato a crescere, stabilizzandosi sopra i 5 milioni di individui. Al 31 dicembre dell’anno scorso, il totale era di 5.045.000 lavoratori indipendenti, in lieve aumento rispetto a quattro anni prima, ma ancora lontano dai 6,2 milioni registrati all’inizio del 2004. Lo rivela l’Ufficio studi della CGIA.

Le categorie di indipendenti che salgono e scendono

È importante notare che non tutte le categorie di lavoratori autonomi godono di buona salute. Settori tradizionali come artigiani, piccoli commercianti e agricoltori vivono una profonda difficoltà e registrano contrazioni nel numero degli addetti. Al contrario, le partite IVA senza albo o ordine professionale, come web designer, social media manager, formatori, consulenti agli investimenti, pubblicitari e altri, stanno registrando numeri in aumento .

Un “esercito” di 6 milioni di italiani

Questo popolo delle partite IVA, delle micro imprese e dei loro dipendenti costituisce un blocco sociale di oltre 6 milioni di italiani che, prima della pandemia, contribuivano con quasi 200 miliardi di PIL. Nel corso degli ultimi 40 anni, questo settore è diventato centrale in molte regioni del Paese, soprattutto al Nord-Est, rappresentando una componente strutturale del sistema economico italiano.

Il regime forfettario ha fatto bene

Il trend positivo degli ultimi tre anni è attribuibile alla ripresa economica successiva al Covid. L’introduzione del regime forfettario per attività con ricavi inferiori a 85 mila euro ha reso più agevole gestire fiscalmente un’attività indipendente. Tuttavia, si ipotizza che la crescita numerica possa essere influenzata anche dalle “false” partite IVA, con un aumento stimato di circa 500 mila unità, probabilmente legato al boom dello smart working.

A livello territoriale, il trend degli ultimi nove mesi del 2023 riflette un aumento complessivo, sebbene non tutte le regioni siano coinvolte in modo omogeneo. Il Molise, la Liguria, la Calabria e l’Emilia Romagna hanno registrato i maggiori incrementi, mentre l’Abruzzo, l’Umbria, il Trentino Alto Adige e le Marche hanno subito contrazioni.

I mestieri tradizionali stanno scomparendo 

Nonostante la crescita complessiva delle partite IVA, le attività del cosiddetto lavoro autonomo “classico”, rappresentate principalmente da artigiani, piccoli commercianti e agricoltori, stanno costantemente diminuendo. Tra il 2014 e il 2022, queste categorie hanno registrato una diminuzione totale di 495 mila unità.

Il segretario della CGIA, Renato Mason, sottolinea il preoccupante declino degli artigiani e dei piccoli commercianti, avvertendo dei rischi legati alla desertificazione delle attività commerciali, che influirebbe negativamente sulla qualità della vita dei cittadini.

Imprese italiane invecchiano, e in 10 anni un quarto di giovani in meno nei ruoli apicali

Tra il 2014 e il 2023, sul totale di chi ricopre una carica all’interno delle aziende italiane la presenza di over70, tra titolari, amministratori o soci, è aumentata di un quarto, mentre quella dei giovani tra 18-29 anni è diminuita più o meno nella stessa proporzione.
Emerge dalle elaborazioni di Unioncamere e InfoCamere: nelle due classi di età mediane, quella dei 30-49enni e dei 50-69enni, si incontrano invece la riduzione percentuale maggiore e l’aumento maggiore in valore assoluto.

In 10 anni i primi sono scesi del 28%, per oltre 1 milione e 100mila cariche in meno rispetto a 10 anni fa, e i secondi, con quasi 600mila cariche in più, evidenziano una variazione positiva del 15,3%.
Insomma, nell’Italia delle imprese sempre meno giovani occupano i centri decisionali. E se l’Italia sta invecchiando, anche l’impresa mostra una progressione verso la terza età. 

I più giovani puntano su agricoltura e tecnologia 

Il bilancio della presenza giovanile nell’impresa, in discesa di quasi 110mila unità in un decennio, è negativo in tutti i settori, a eccezione dell’Agricoltura, che segna un +12,8% per le cariche dei 18-29enni (oltre 4mila posizioni in più) e delle Attività professionali, scientifiche e tecniche (+27,7%, per 3.300 imprese in più).

In misura più modesta, le cariche occupate dai 18-29enni crescono anche nell’Istruzione (+6%, +100) e nelle Attività finanziarie e assicurative (+3,3%, +300).
Il crollo dei 30-49enni invece è deciso in tutti i settori. Nella manifattura si registra la variazione più negativa (-42,5%), nel Commercio, la riduzione maggiore in valori assoluti (-317mila cariche).

Ma la colpa non è solo della ‘demografia’

Gli over70, invece, che oggi occupano 268mila cariche in più dal 2014, così come gli over50 (quasi +600mila), aumentano in tutti i settori, con incrementi quasi sempre a due cifre.
I dati più elevati per gli over70 sono però quelli del Noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese (over50 +50,6%, over70 quasi +70%), dell’Istruzione (+36,8%, +51,5%), e della Sanità (+40,2%, +72,4%).

Ma la colpa non è solo della ‘demografia’.
“Bisogna semplificare tutte le procedure che ancora oggi frenano il fare impresa in Italia, e che sono vissute come un fardello troppo pesante, soprattutto dai più giovani – commenta il Presidente di Unioncamere, Andrea Prete -: ben 7 imprese under35 su 10 vedono nella burocrazia l’ostacolo maggiore all’utilizzo delle risorse del PNRR”.

A livello territoriale il Sud conta le perdite maggiori

A livello territoriale, a eccezione del Trentino Alto Adige, dove i 18-29enni sono aumentati del 3,9%, è nelle regioni del Mezzogiorno, a partire da Molise, Abruzzo, Calabria e Sicilia, che si contano le perdite maggiori. 
Calabria, Sicilia e Abruzzo sono le regioni in cui, invece, la popolazione dell’impresa over70 cresce di più.
Calabria, Campania e Toscana, quelle in cui crescono i 50-69enni con ruoli apicali. 

La design economy italiana genera un valore aggiunto di 2,94 miliardi

In Italia l’industria del design può vantare 36 mila operatori, 20.320 liberi professionisti e lavoratori autonomi, e 15.986 imprese, che nel 2021 hanno generato un valore aggiunto pari a 2,94 miliardi di euro e hanno impiegato 63 mila occupati. Le imprese del design si distribuiscono su tutto il territorio nazionale, con una particolare concentrazione nelle aree di specializzazione del Made in Italy e nelle regioni Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto, dove si localizza il 60% delle aziende.
Si tratta di alcuni dati emersi dal report condotto da Design Economy 2023 di Fondazione Symbola, Deloitte Private e POLI.design.

Il 32,8% delle imprese opera all’estero

Tra le province del design primeggiano Milano, con il 14,3% delle imprese e il 18,4% di valore aggiunto nazionale, Roma (6,6% e 5,3%), e Torino (5,1% e 13,3%). Una quota pari al 32,8% di imprese opera all’estero, il 24,2% in territori extra EU, il 44,8% su scala nazionale, mentre il 22,4% opera su scala locale.
“La leadership italiana nel design conferma il suo ruolo importante come infrastruttura immateriale del Made in Italy e protagonista nella sfida della sostenibilità”, ha commentato Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola.

“Dare forma, senso e bellezza al futuro”

“Nel pieno di una transizione verde e digitale, il design è chiamato nuovamente a dare forma, senso e bellezza al futuro – ha aggiunto Ermete Realacci -. Molti aspetti della nostra vita, così come molti settori, mutano: dalla metamorfosi della mobilità verso modelli condivisi, interconnessi ed elettrici, ai processi di decarbonizzazione e dell’economia circolare che stanno cambiando l’industria e le relazioni di filiera”.
Il tema della sostenibilità emerge infatti come rilevante per il settore. L’87,4% degli intervistati ne sottolinea l’importanza nei progetti in corso, quota che arriva al 96,5% nel caso delle piccole e medie imprese.

I prodotti dovranno diventare più durevoli, riparabili, riutilizzabili

“I prodotti, in un contesto di risorse scarse, dovranno necessariamente essere riprogettati per diventare più durevoli, riparabili, riutilizzabili – ha sottolineato Realacci, come riferisce Askanews-. Il rapporto tra design e sostenibilità è alla base del nuovo Bauhaus europeo lanciato dalla presidente Von der Leyen per contribuire alla realizzazione del Green Deal europeo. Anche per questo l’Italia ne è una naturale protagonista. Perché, come scritto nel Manifesto di Assisi, affrontare con coraggio la crisi climatica non è solo necessario, ma rappresenta una grande occasione per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d’uomo e per questo più capaci di futuro”.

I bonus welfare più richiesti? Assegno unico Rc e Naspi 

Quali sono i bonus welfare più richiesti dagli italiani? Assegno Unico, Reddito di Cittadinanza e NASpI. E qual è l’identikit del cittadino che nel 2022 fa domanda dei bonus statali? Secondo BonusX, startup innovativa a vocazione sociale, è di età compresa tra 30 e 40 anni e nella maggioranza è donna (56%). Le donne presenti sulla piattaforma di BonusX per la richiesta di agevolazioni sono infatti oltre 35.000, e se tra i servizi più richiesti ci sono Assegno Unico e Reddito di Cittadinanza, le donne tendono a richiederlo significativamente più degli uomini. Dall’indagine emerge infatti che se gli uomini puntano a richiedere maggiormente il bonus per disoccupati (NASpI), l’Assegno Unico viene richiesto principalmente dalle donne.

Molto richieste anche le detrazioni per le locazioni abitative

Il fatto che siano le donne a richiedere maggiormente bonus e agevolazioni fa intuire che sono proprio loro ad amministrare la parte burocratica della vita quotidiana. L’identikit realizzato da BonusX corrisponde a un profilo tra 30-40 anni, con uno o più figli, percepisce la burocrazia come sfiancante e ha bisogno di richiedere sussidi pubblici per poter avere un aiuto concreto. A partire dal mese di maggio, BonusX ha anche integrato la possibilità di gestire in piattaforma le dichiarazioni dei redditi per persone fisiche, in modo da favorire anche richiesta e accesso ad agevolazioni di natura fiscale. Su questo fronte, al netto delle detrazioni sanitarie, risultano particolarmente richieste le detrazioni per le locazioni abitative.

Perché tanti cittadini rinunciano alle agevolazioni?

Nell’Unione Europea, tra il 20% e il 60% degli aventi diritto non riesce però a ottenere le agevolazioni di cui ha bisogno. Questi dati dimostrano che la complessità della burocrazia non aiuta i cittadini, rendendo ancora più difficile la richiesta di aiuti fondamentali per il sostentamento dell’individuo o la famiglia.
“Poter capire quali bonus richiedere, quali sono i requisiti fondamentali e, soprattutto, come poterlo richiedere per tempo, sono solo alcune delle problematiche che il cittadino italiano deve affrontare quotidianamente. E, complice la caoticità del sistema e la mancata digitalizzazione degli sportelli, sono ancora tanti i cittadini che rinunciano alla richiesta di bonus e agevolazioni”, si legge nello studio di BonusX.

L’età media dei richiedenti racconta molto della nostra società

“L’età media del cittadino che richiede questa tipologia di bonus racconta molto della nostra società: dai 30 ai 40 anni, persone che sono ormai oltre la tipica fascia di età degli studi universitari e vorrebbero avere indipendenza economica e creare una propria famiglia”, commenta Giovanni Pizza, ceo di BonusX, come riferisce Adnkronos. Avere accesso alle agevolazioni del welfare pubblico è infatti un diritto di ogni cittadino. “La digitalizzazione della burocrazia è fondamentale – aggiunge Fabrizio Pinci, Coo di BonusX – per una maggior trasparenza, per aiutare i cittadini a risparmiare tempo da dedicare a sé stessi e alla propria famiglia, avere una maggior capacità di spesa, vivere più serenamente la vita di tutti i giorni e avere accesso a formazione e altre opportunità di riscatto sociale”.

Truffe online: in Italia danni per 156,6 milioni di euro

Secondo uno studio condotto dagli analisti di InvestinGoal l’Italia è il Paese europeo in cui le truffe online sono cresciute di più tra il 2020 e il 2021, con una ‘perdita’ pro capite di oltre 2.000 euro. E secondo Altroconsumo, tra agosto 2020 e luglio 2021, nel nostro paese si sono registrate 77.621 truffe relazionate al cybercrimine, che hanno colpito 1,3 persone ogni 1.000, per una crescita del 16% rispetto al periodo precedente e danni stimati intorno ai 156,6 milioni di euro. Tuttavia, a livello assoluto, l’Italia è una delle nazioni europee meno colpite, se si considera che in Svezia l’incidenza di questo tipo di truffa è di 14 persone su 1.000, mentre nei Paesi Bassi è di 6,9 su 1.000.

Carpire dati personali e bancari

La polizia di Stato nel suo report annuale riporta una crescita del 27% rispetto al 2020 sulle truffe finalizzate a carpire dati personali e bancari. Nel 2021 oltre 18.000 persone hanno denunciato casi di phishing, smishing o vishing, dichiarando di aver subito furti riguardanti carte di credito, credenziali di accesso bancarie o chiavi private dei propri cripto wallet. Secondo un’analisi di Scam Adviser, nel 2021 in tutto il mondo le truffe sono state oltre 260 milioni, per circa 41,3 miliardi di euro di perdite totali, il 15% in più rispetto al 2020. Il Brasile è il paese che ha visto il maggior numero di truffe, con un totale stimato di 125.410.052 truffe, circa 590 ogni 1.000 persone. L’India, al secondo posto, ha avuto un totale stimato di 120.000.000 di truffe, circa 87 ogni 1.000 persone.

Nel 2021 gli italiani hanno perso 2.017 euro a testa

Nella classifica di Scam Adviser l’Italia è al 18° posto, tra il Canada (1,5 per 1.000 persone) e la Svizzera (1,2 per 1.000 persone). Considerando invece i dati che fanno riferimento al denaro perso in media dai truffati, l’Italia si trova nella parte bassa della classifica, al 25° posto. In media nel periodo di riferimento, riferisce Askanews, gli italiani hanno perso 2.017 euro a truffa, e in Europa, peggio dell’Italia hanno fatto solo la Francia (3.500 euro), la Germania (9.652 euro), l’Irlanda (9.696 euro) e la Svizzera (25.874 euro).

Aumentano le truffe legate alle criptovalute

“La pandemia ha accelerato un processo che era già in crescita: l’isolamento sociale e la solitudine – commenta Filippo Ucchino, fondatore di InvestinGoal -. Questo ha creato le condizioni perfette per i truffatori, che hanno preso di mira soprattutto gli anziani, più inclini a quella che viene chiamata FEV, Financial Exploitation Vulnerability. Infatti, le truffe finanziarie, in particolare quelle legate alle criptovalute, sono in costante aumento. Purtroppo – aggiunge Ucchino – questi truffatori troveranno sempre un modo per arrivare alle persone. L’unica cosa che possiamo davvero fare per cercare di ‘fermarli’ è aumentare la consapevolezza delle persone su questi temi”.

Comparto edilizia in Lombardia, numeri in crescita e spinta sulla sostenibilità

Il terzo trimestre 2021 si chiude in positivo per il comparto dell’edilizia in Lombardia. Il momento per il settore è decisamente positivo: la crescita del volume d’affari per le imprese lombarde di edilizia e costruzioni è si avvicina al 4% trimestrale, con una variazione su base annua del 16,9%. Questa trend di crescita si allinea a quello dei due  scorsi trimestri (che avevano sfiorato il +5%) e ha pochi precedenti nella serie storica. L’andamento del comparto è contenuto nell’ultimo rapporto presentato da Unionecamerelombardia e Ance Lombardia.

Un valore che non si vedeva da 12 anni

Con questo ulteriore aumento l’indice del volume d’affari di Unioncamere Lombardia supera quindi quota 105, un livello che non si vedeva da 12 anni a questa parte. Il trend crescente del volume d’affari è spinto anche dall’accelerazione dei prezzi, che mettono a segno un incremento congiunturale del +5,7%. Il surriscaldamento dei listini è indice della necessità delle imprese di compensare i rincari registrati dagli input produttivi, ormai su livelli record e ben al di sopra della possibilità delle imprese di “trasferirli” a valle. Segnali incoraggianti giungono anche dal fronte occupazionale, dove si registra il terzo incremento congiunturale consecutivo del numero di addetti (+0,6%). Anche l’accelerazione dei prezzi ha contribuito a questo fenomeno: l’ incremento congiunturale è del +5,7%. Il surriscaldamento dei listini è indice della necessità delle imprese di compensare i rincari registrati dagli input produttivi, ormai su livelli record e ben al di sopra della possibilità delle imprese di “trasferirli” a valle. Segnali incoraggianti giungono anche dal fronte occupazionale, dove si registra il terzo incremento congiunturale consecutivo del numero di addetti (+0,6%).

Gli imprenditori del settore sono ottimisti

Le aspettative degli imprenditori per il prossimo trimestre rimangono orientate in senso ampiamente positivo: per volume d’affari e occupazione i saldi tra previsioni di crescita e diminuzione si confermano su valori storicamente molto elevati, anche se in fase di stabilizzazione dopo la forte crescita dei trimestri passati.
“Si conferma una fase positiva ed espansiva per l’intero settore, legata a fattori di sostegno non contingenti che dovrebbero proseguire anche nei prossimi mesi – ha dichiarato il Presidente di Unioncamere Lombardia Gian Domenico Auricchio – È necessario sfruttare questa congiuntura per affrontare i problemi che si profilano già all’orizzonte, sia per i rincari e la stessa disponibilità di materie prime e materiali che per formare e preparare adeguatamente le nuove leve di manodopera”.

La transazione ecologica

Un altro aspetto considerato dall’indagine è quello della della transizione ecologica. Oggi  un quarto delle imprese edili del campione (26%) ha già realizzato interventi green. La dimensione si conferma una variabile fondamentale: sopra i 50 addetti le imprese impegnate in interventi di sostenibilità ambientale sono più della metà. Le azioni principali in quest’ambito hanno riguardato l’acquisto di mezzi elettrici o ibridi (39%) e di macchinari più efficienti dal punto di vista energetico (35%), oltre all’installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile (31%) e all’isolamento termico degli edifici (24%). 

Covid, aumenta la minaccia percepita. Opinioni positive su vaccino e Green Pass

La previsione che nelle prossime settimane i contagi possano aumentare arriva al 71%, e si allunga anche l’orizzonte temporale in cui gli italiani collocano la previsione della fine di ogni preoccupazione per il Covid-19. Di fatto, si fa sempre più strada l‘ipotesi della quarta ondata Covid, e dai risultati dell’ultimo monitoraggio del team Public Affairs di Ipsos in merito all’emergenza coronavirus, si registra un aumento della minaccia percepita e una riduzione dell’ottimismo. Pareri principalmente positivi sono però rilevati sulla progressione della campagna vaccinale, e tra i vaccinati la maggioranza si dichiara sicuro e pronto a ricevere la terza dose di vaccino Covid, o la seconda nel caso del vaccino Johnson&Johnson. Aumenta poi l’opinione favorevole al Green Pass. 

La quarta ondata Covid preoccupa i cittadini

L’aumento dei contagi e l’ipotesi della quarta ondata Covid preoccupa i cittadini italiani. La minaccia percepita tende a risalire in tutti gli ambiti, sia a livello personale sia a livello locale, nazionale e mondiale. Si riduce ulteriormente l’ottimismo riguardo al ‘momentum’ percepito: il 45% ritiene oggi “il peggio passato” (-4), per il 19% “siamo all’apice dell’emergenza” (+3) e per il 13% ”il peggio deve arrivare” (=). La previsione che nelle prossime settimane i contagi possano aumentare arriva al 71% (era il 40% un mese fa), e torna a salire l’orizzonte temporale in cui gli italiani collocano la previsione della fine di ogni preoccupazione per il Covid-19 (18 mesi, +0,9). Tornano poi sopra al 50% quanti si reputano più preoccupati per i rischi sanitari della pandemia, piuttosto che per i rischi economici a essa connessi (53%, +4). L’opinione opposta scende di un punto (30%).

Rimane positivo il giudizio sulla progressione della campagna vaccinale

In generale, il giudizio degli italiani sulla progressione della campagna vaccinale rimane positivo, con una lieve contrazione: 64% di valutazioni positive, -1 rispetto al mese scorso, -3 rispetto a metà settembre. L’86% dei maggiorenni italiani ha ricevuto almeno una dose di vaccino, mentre tra coloro che non hanno ricevuto ancora nessuna dose la quota di disponibili a farlo è ormai ridotta ai minimi termini (7%). Tra i vaccinati il 60% si dice sicuro e pronto a ricevere la terza dose di vaccino Covid o seconda dose nel caso del vaccino Johnson&Johnson, il cosiddetto “boost” (+6 rispetto a due settimane fa), il 28% ha qualche riserva in proposito (-4), il 7% resta contrario all’idea.

Sì al Green Pass: il 61% è favorevole

In merito, invece, al vaccino anti-influenzale circa un italiano su quattro lo ha già fatto o è pronto a farlo, una percentuale simile a quella rilevata l’anno scorso, quando la percentuale di vaccinati risultò a fine stagione pari al 23,7% della popolazione. Quanto al Green Pass e l’obbligo sui luoghi di lavoro, cresce l’opinione favorevole alla misura. A quattro settimane dall’introduzione dell’obbligo per accedere anche ai luoghi di lavoro il 61% si dichiara favorevole (+2) e il 29% (-3) contrario.

Le preoccupazioni nel mondo, coronavirus al primo posto

Cosa preoccupa il mondo? Soprattutto il coronavirus, ma in Italia è la disoccupazione a preoccupare maggiormente i cittadini. Il sondaggio di Ipsos, What Worries the World, traccia le opinioni dei cittadini sulle più importanti questioni sociali e politiche che preoccupano 28 Paesi, e il 42% degli intervistati a maggio afferma che il coronavirus è uno dei problemi principali del proprio Paese. Anche se la percentuale è in calo di 3 punti rispetto al mese scorso, e di 29 punti rispetto a maggio 2020. In Italia, i livelli di preoccupazione per il coronavirus sono molto vicini alla media internazionale, con una percentuale pari al 40%, mentre è la Malesia la nazione con i più alti livelli di preoccupazione per il Covid-19 per l’ottavo mese consecutivo. Il 74% lo inserisce tra i problemi principali, la stessa percentuale di maggio 2020. 

Disoccupazione, temuta dal 60% degli italiani 

Dopo il Covid-19, la disoccupazione è attualmente la seconda maggiore preoccupazione a livello internazionale, temuta da una media degli intervistati pari al 34%, in calo i 8 punti in meno rispetto al picco del 42% di un anno fa.  Il Paese che ritiene la disoccupazione come una delle principali preoccupazioni è il Sud Africa, con una percentuale del 66%. Subito dopo si collocano Italia e Spagna, con una percentuale del 60%. I maggiori aumenti mese su mese per la disoccupazione si registrano però in Ungheria e Svezia (+10 punti) e Arabia Saudita (+7). 

Povertà e disuguaglianza sociale, principale preoccupazione in Russia

In media, una persona su tre (32%) in tutti i Paesi e il 33% degli italiani affermano che la povertà e la disuguaglianza sociale rappresentano uno dei problemi principali di oggi nel proprio Paese. In Russia rappresenta la principale preoccupazione, con una percentuale del 61% (+3 punti rispetto al mese scorso). Ma se la preoccupazione per povertà e disuguaglianza sociale è aumentata in Ungheria e Israele (+7) e Colombia (+4), la Turchia, che ha visto la disoccupazione in cima alla lista di preoccupazioni negli ultimi mesi, ora mostra timori più alti per la povertà e la disuguaglianza sociale, in aumento di 7 punti. 

Corruzione finanziaria e politica, crimine e violenza

La corruzione finanziaria e politica è la quarta preoccupazione a livello internazionale. Il sondaggio mostra che in media il 30% degli intervistati e il 25% degli italiani la considera come uno dei principali problemi che il proprio Paese deve affrontare. In ultima posizione si colloca crimine e violenza, con il 25% a livello internazionale e il 16% in Italia, che lo ritiene uno delle principali preoccupazione per il proprio Paese. Crimine e violenza è attualmente la prima preoccupazione in diversi Paesi come Cile, Israele, Messico e Svezia, ma i maggiori aumenti provengono dagli Stati Uniti (+12 punti), Svezia (+7), Cile e Messico. 

Google lancia Heritage on the Edge e “salva” i siti Unesco sul cloud

L’isola di Pasqua, la Città Vecchia di Edimburgo, Kilwa Kisiwani, in Tanzania, Chan Chan in Peru e la città-moschea di Bagerhat, in Bangladesh. Sono queste le cinque location scelte da Google per preservare in digitale i siti patrimonio dell’umanità minacciati dai cambiamenti climatici. Con il progetto Heritage on the Edge, Google Art & Culture rende infatti possibile accedere a oltre 50 mostre online volte a sensibilizzare il pubblico sugli effetti del riscaldamento globale sul patrimonio culturale. Il progetto si è svolto con il supporto di ICOMOS e CyArk, un’organizzazione che da una quindicina di anni è al lavoro per creare un archivio digitale dei tesori artistico/culturali a rischio nel mondo.

Droni e scanner 3D da Edimburgo all’Isola di Pasqua

Il progetto è stato realizzato con l’ausilio di droni e scanner 3D in collaborazione con esperti locali di ogni sito coinvolto. La raccolta dati delle cinque località storiche servirà anche per aiutare le comunità e gli studiosi locali a comprendere come preservarle. Grazie a spedizioni sul campo dotate delle più avanzate tecnologie, la città vecchia di Edimburgo, la città-moschea di Bagerhat in Bangladesh, Kilwa Kisiwani sulla costa Swahili in Tanzania, la città antica di Chan Chan in Perù e l’Isola di Pasqua ora offrono una prospettiva globale sul tema dei cambiamenti climatici e delle loro ripercussioni su monumenti, siti archeologici, e altre aree di interesse culturale, riporta Adnkronos.

Su Google Arts anche modelli in realtà aumentata

Sono anche disponibili i modelli in realtà aumentata della Moschea dalle Nove Cupole in Bangladesh e la fortezza di Ghereza (Tanzania), che ne consentono la visita virtuale. Grazie allo strumento Street view sarà infatti possibile effettuare tour a 360 gradi dei siti interessati, dove le immagini saranno arricchite da testi esplicativi. Per fruire il tutto basta andare sul sito di Google Arts ed entrare appunto in Heritage on the Edge. Dove chiunque può scaricare i dati rilevati da CyArk tramite la Google Cloud Platform.

Un supporto al lavoro di restauratori e ricercatori

Heritage on the Edge permette quindi di consultare una cinquantina di esposizioni online, che illustreranno l’impatto del clima sui monumenti.

Ma il progetto Heritage on the Edge non nasce solo con finalità documentarie. Nella mission di Google c’è anche il supporto al lavoro di restauratori e ricercatori alle prese con siti archeologici a rischio, che saranno aiutati dall’aver accesso a questa grande mole di dati.

Nel 2035 1000 miliardi di oggetti smart saranno connessi. Allarme nel mondo IoT

Nel 2020 saranno 40 miliardi gli oggetti smart connessi in tutto il mondo, tra pentole, bollitori, frigoriferi, termostati o anche peluche. E nel 2035 saliranno addirittura a 1.000 miliardi. Un esercito sterminato di oggetti connessi che rappresenta un bersaglio più che facile per gli hacker.

Gli esperti in cybersecurity lanciano l’allarme nel mondo IoT, consigliando di alzare il livello di attenzione sulla sicurezza informatica e sull’uso sfrenato dell’Internet of Things. Lo spiega all’Adnkronos Gianluca Varisco, negli anni passati tra gli uomini di punta del Team per la Trasformazione Digitale di Palazzo Chigi, nonché guru della cybersecurity e CISO di Arduino, il progetto open source hardware e software.

Superata “la linea dell’insanità mentale dell’Internet of Things”

Secondo Gianluca Varisco, “Non c’è sicurezza nella filiera dell’Internet of Things. Stiamo affogando nella tecnologia e non ci rendiamo conto di quanti attacchi subiamo, semplicemente perché pensiamo di non rientrare nel target degli hacker. Ma non è così”, afferma l’esperto di cybersecurity. Insomma, secondo Varisco “la linea dell’insanità mentale dell’IoT” è stata ormai superata.

Il bollitore potrebbe diventare veicolo di intrusioni informatiche

Durante la prima giornata di Code4Future al Talent Garden Ostiense di Roma, Gianluca Varisco ha citato poi qualche esempio di gravi attacchi già compiuti nel mondo dell’IoT. In particolare, Varisco ha raccontato di come gli hacker abbiano violato la banca dati di un casinò di Las Vegas riuscendo a entrare negli impenetrabili caveu “semplicemente passando attraverso un innocuo termostato in azione nell’acquario dei pesci tropicali”. Insomma, “Tutti abbiamo oggetti connessi, ma nessuno pensa che un bollitore Smart possa essere un veicolo di intrusioni informatiche”, spiega ancora l’esperto. E lo scenario non è affatto quello di una fiction, riporta Adnkronos, ma è la realtà.

“È difficilissimo capire se si è stati attaccati su un oggetto connesso”.

D’altronde, non si può più tornare indietro. Il futuro è l’interconnessione, e le nostre case saranno sempre più dominate dai dispositivi della domotica. La soglia di attenzione deve essere alzata sempre più, perché, come  avverte Varisco, il problema è che purtroppo “è difficilissimo capire di essere stati attaccati su un oggetto connesso”. E gli scenari descritti dall’esperto non possono più essere ignorati.

“Ormai mettiamo sensori anche nei pannolini per essere avvertiti quando dobbiamo cambiare il bebè e nelle pentole per cucinare”, puntualizza ancora Varisco. E tutto questo non riguarda un futuro più o meno vicino, ma è già sul mercato.