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Gli italiani e gli elettrodomestici connessi

Cosa fanno gli italiani con gli elettrodomestici connessi? Per 8 italiani su 10 avere a che fare con elettrodomestici connessi nella propria abitazione vuol dire soprattutto gestire la lavatrice o l’asciugatrice tramite app. E quali sono i cicli più usati per lavare la biancheria o le stoviglie? Non solo quello rapido, ma anche il programma ‘eco’ e quelli dedicati all’igienizzazione. E risultano in crescita anche i programmi utilizzati per lavare scarpe e piumini. È quanto emerge dai dati di una ricerca di Haier Europe, la divisione europea della multinazionale cinese degli elettrodomestici. La compagnia ha sviluppato una piattaforma con 5 milioni gli utenti dichiarati in cui l’app hOn funziona da guida per gli elettrodomestici dei marchi del gruppo, ovvero Candy, Haier e Hoover.

Cosa vuol dire connettere lavatrice, asciugatrice, lavastoviglie

Avere elettrodomestici connessi vuol dire ordinare i programmi di lavaggio per lavatrici, asciugatrici e lavastoviglie soprattutto in base a parametri che hanno impatto sulla riduzione dei consumi. Oppure significa avere una cappa che comunica con il piano cottura regolando la potenza, e di conseguenza, limitando odori, rumore, e appunto, inutili consumi. Oppure, ancora, significa avere l’asciugatrice che si sincronizza con la lavatrice, impostando automaticamente il programma e la durata ottimale sulla base di cosa e quanto si è lavato, riducendo così drasticamente i tempi di asciugatura.

Le funzioni da remoto in cucina: ottimizzare la spesa e gestire la temperatura del frigo

In cucina invece le funzioni smart consigliano ricette che ottimizzano la spesa disponibile rispetto alle date di scadenza, o gestiscono la temperatura del frigo secondo le reali esigenze dei prodotti introdotti e del meteo giornaliero, in modo da mantenerne la freschezza più a lungo ed evitare sprechi. Ma oltre alla gestione degli elettrodomestici in cucina, le funzioni smart permettono anche la gestione da remoto dei condizionatori, attivabile anche dagli smart speaker più diffusi.

La Polonia è la nazione più smart. L’Italia è al sesto posto

Tra le funzioni smart preferite dagli utenti, riporta Agi, c’è però anche quella dedicata al check up dei propri elettrodomestici, utile per monitorare e ricevere notifiche in merito alla necessità di piccole attività di manutenzione. Sempre secondo i dati di Haier Europe è la Polonia la nazione più smart in fatto di elettrodomestici connessi. Seguono la Spagna, la Repubblica Ceca, la Francia e il regno Unito. L’Italia risulta in sesta posizione, anche se con un pubblico di utenti in crescita. Germania, Grecia e Portogallo chiudono la speciale classifica di Haier Europe.

Cloud ibrido guida la trasformazione digitale, ma mancano le competenze

Oltre il 77% delle organizzazioni aziendali globali adotta un approccio cloud ibrido, in grado di aiutare a guidare la trasformazione digitale. La maggior parte delle organizzazioni però sta lottando con la complessità necessaria per far funzionare insieme tutti i loro ambienti cloud. Poiché le organizzazioni devono affrontare lacune di competenze, sfide di sicurezza e ostacoli alla conformità, meno di un quarto delle aziende in tutto il mondo gestisce i propri ambienti cloud ibridi in modo olistico, il che può creare punti ciechi e mettere a rischio i dati. Lo rivela una nuova ricerca di internazionale, l’IBM Transformation Index: State of Cloud, condotto da The Harris Poll. 

Poche aziende sono davvero digitalmente ‘avanzate’

L’indice indica una forte correlazione tra l’adozione del cloud ibrido e il progresso nella trasformazione digitale. Infatti, il 71% degli intervistati pensa che sia difficile realizzare il pieno potenziale di una trasformazione digitale senza disporre di una solida strategia di cloud ibrido. Allo stesso tempo, solo il 27% delle aziende possiede le caratteristiche necessarie per essere considerata ‘avanzata’ nella trasformazione. Le aziende ritengono che garantire la conformità nel cloud sia attualmente troppo difficile, soprattutto perché in tutto il mondo si assiste all’inasprimento dei requisiti normativi.

Gli ostacoli all’innovazione

Quando si tratta di gestire le proprie applicazioni cloud, il 69% afferma che il proprio team non ha le competenze necessarie per essere competente. Questo è un ostacolo all’innovazione, con più di un quarto degli intervistati che afferma come la carenza di talenti stia ostacolando gli obiettivi cloud della propria azienda.
Queste limitazioni impediscono alle organizzazioni anche di sfruttare il potere delle partnership. Più di un terzo degli intervistati afferma che la mancanza di competenze tecniche li trattiene dall’integrare con i partner dell’ecosistema negli ambienti cloud. Questa sfida è ancora più grande negli Stati Uniti, dove quasi il 40% ammette questa mancanza di competenze indicando una forte necessità di talenti.

Il problema della sicurezza

Se oltre il 90% dei servizi finanziari, Tlc e organizzazioni governative adotta strumenti di sicurezza (capacità informatiche riservate, autenticazione a più fattori e altro), permangono lacune che impediscono alle organizzazioni di promuovere l’innovazione. Il 32% degli intervistati cita la sicurezza come la principale barriera per i carichi di lavoro integrati in tutti gli ambienti, e più di un quarto concorda che i problemi di sicurezza rappresentano un ostacolo al raggiungimento dei propri obiettivi di business nel cloud. I problemi di sicurezza possono anche impedire alle organizzazioni di sbloccare il pieno potenziale delle partnership.
Potenziali lacune nella sicurezza possono far incombere rischi a terze e quarte parti. La governance dei dati (49%) e la sicurezza informatica (47%) sono quindi le principali sfide per integrare completamente l’ecosistema aziendale nel cloud.

Shopping: i profili dei consumatori, dai compulsivi ai prudenti pianificatori 

Se nel 2022 gli shopping addicted, ovvero gli spendaccioni, salgono al 10% della popolazione mondiale, la parte del leone la fanno ancora i ‘tradizionalisti’ (18%), che costituiscono la fetta più grande della torta dello shopping globale. Oltre a mantenere un ‘basso profilo’ sui social, non si fanno influenzare da influencer o brand online, e l’87% non fa acquisti compulsivi. Il 78% non va per negozi se non ha bisogno di nulla, ma li preferisce allo shopping online, anche se i canali web sono usati dal 42% di loro. L’ha scoperto il report di Euromonitor International dedicato alle abitudini d’acquisto della popolazione mondiale. 

Avidi o ottimisti equilibrati?
Aumentano gli ‘avidi’ della propria immagine e del proprio status, affamati di nuovi trend, gli undaunted strivers (16% e 13% nel 2018). L’88% punta a prodotti e servizi su misura e pensa che il giudizio degli altri sia importante, l’87% segue i brand preferiti online, l’86% vuole distinguersi dalla massa e condivide sui social il proprio look e gli acquisti. Provano nuovi prodotti, ma amano soprattutto comprare ‘esperienze’ (86%). Crescono però anche gli ‘ottimisti equilibrati’ (14%, erano l’8%), che ambiscono a uno stile di vita stabile e amano pianificare il futuro. Nelle priorità di shopping l’81% pensa a sé, il 65% alle attività preferite e il 63% al partner. Il 58% di loro punta all’affare, il 38% ai prodotti di seconda mano.

Diminuiscono gli attivisti responsabili e aumentano i prudenti pianificatori

In calo gli ‘attivisti responsabili’ (14% vs 17%).  Preferiscono prodotti a connotazione ecocompatibile e danno importanza al rapporto qualità-prezzo. ‘Io posso cambiare le cose’ è il loro motto, consci che i comportamenti lasciano un’impronta ambientale e sociale (83%). Il 78% è preoccupato per i cambiamenti climatici, il 69% compra da company ‘trasparenti’ e il 25% boicotta i brand che non condividono i loro intenti politici e sociali. In aumento invece i consumatori attenti a spendere, i ‘prudenti pianificatori’ (13% vs 9%). Guardano al futuro, mettono i soldi da parte: lo shopping compulsivo non fa per loro, mostrano elevata fedeltà a marchi e prodotti (85%), provano difficilmente novità, e preferiscono sconti e offerte.

Minimalisti o conservatori, tutti seguono meno gli influencer

Spuntano per la prima volta i minimalisti (9%). ‘Scelgo le cose semplici’, dicono, perché sono consumatori green: il 50% taglia il superfluo e il 73% riduce gli scarti, il 71% vuole avere un impatto positivo sull’ambiente, il 55% mette da parte i soldi per il futuro, e il 52% ripara gli oggetti. L’ultima fetta, riporta Ansa, è formata dai ‘conservatori casalinghi’ (6% vs 16%). Felici a casa propria, l’81% ama cucinare, il 52% lavora da casa il weekend e ha un legame molto stretto tra lavoro e vita personale. Vanno per mercatini, il 55% non consulta internet per scegliere cosa comprare e il 57% non compara neanche i prezzi online. Ma per tutti c’è un comportamento comune: guardare meno a celebrities e blogger/influencers preferendo i consigli di amici e parenti. 

Occupazione: a giugno tasso record dal 1977

Dopo il calo registrato a maggio nel mese di giugno 2022 il numero di occupati torna ad aumentare e supera nuovamente i 23 milioni per effetto della crescita dei dipendenti permanenti. Rispetto a giugno 2021, in Italia l’incremento di oltre 400 mila occupati è determinato appunto dai dipendenti, che a giugno di quest’anno ammontano a 18 milioni e100 mila, il valore più alto dal 1977, il primo anno della serie storica. Secondo i dati Istat, l’occupazione quindi è a livelli record, con un tasso che sale al 60,1% (+0,2%), mentre quello della disoccupazione è stabile all’8,1%, e il tasso di inattività scende al 34,5%.

Cresce il numero di occupati e diminuisce quello di disoccupati e inattivi

Anche rispetto a maggio, a giugno cresce quindi il numero di occupati e diminuisce quello di disoccupati e inattivi. L’occupazione aumenta del +0,4%, pari a +86 mila occupati, per entrambi i sessi, per i dipendenti permanenti e in tutte le classi d’età, a eccezione dei 35-49enni, tra quali il tasso diminuisce. Ed è in calo anche tra gli autonomi e i dipendenti a termine. Il lieve calo del numero di persone in cerca di lavoro (-0,2%, pari a -4mila unità rispetto a maggio) si osserva tra le donne e tra chi ha più di 25 anni d’età.

Disoccupazione stabile all’8,1%

Quanto al tasso di disoccupazione, è stabile all’8,1% e sale al 23,1% tra i giovani (+1,7%). La diminuzione del numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni (-0,7%, pari a -91mila unità) coinvolge gli uomini, le donne e le classi d’età al di sotto dei 50 anni, mentre il tasso di inattività scende al 34,5% (-0,2%).
Confrontando il secondo trimestre del 2022 con il primo trimestre dell’anno si registra un aumento del livello di occupazione pari allo 0,4%, per un totale di 90mila occupati in più. La crescita dell’occupazione registrata nel confronto trimestrale si associa alla diminuzione sia delle persone in cerca di lavoro (-3,8%, pari a -81mila unità), sia degli inattivi (-0,5%, pari a -61mila unità).

Un aumento trasversale per genere ed età

Inoltre, a giugno 2022 il numero di occupati supera quello di giugno 2021 dell’1,8% (+400 mila unità), riferisce Adnkronos. L’aumento è trasversale per genere ed età, l’unica variazione negativa si registra tra i 35-49enni per effetto della dinamica demografica. Il tasso di occupazione, in aumento di 1,6 punti percentuali, sale infatti anche tra i 35-49enni (+0,9 punti) perché in questa classe di età la diminuzione del numero di occupati è meno marcata di quella della popolazione complessiva. Rispetto a giugno 2021, diminuisce anche il numero di persone in cerca di lavoro (-13,7%, pari a -321 mila unità) e il numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni (-3,0%, pari a -400mila).

Un italiano su 4 in difficoltà per inflazione e guerra

L’aumento dei prezzi che tutti noi stiamo vivendo quotidianamente è principalmente dovuto ai rincari energetici e all’inflazione. Ed è un dato di fatto che pesi sul bilancio delle famiglie italiane. Lo conferma la ricerca che Facile.it ha commissionato a mUp Research e Norstat per fotografare come i consumatori stiano affrontando l’attuale scenario economico. 

Impatto negativo per 11 milioni di italiani

Più di 1 italiano su 4, dato equivalente ad oltre 11 milioni di individui (26%), ha dichiarato che l’aumento dei prezzi in corso ormai da 3 mesi ha avuto un impatto molto negativo sul proprio bilancio familiare. Per far fronte ai rincari gli italiani hanno adottato diverse strategie; c’è chi ha ridotto, se non del tutto eliminato, alcune voci di spesa (66% dei rispondenti), mentre oltre 4,7 milioni di individui per far quadrare i conti, hanno dovuto lasciare indietro alcune spese comunque scadute come, ad esempio, le bollette di luce e gas o le rate del condominio. Ci sono anche delle differenze a livello territoriale: ad esempio, dai dati raccolti, l’aumento dei prezzi sembra aver colpito più duramente i rispondenti residenti nel Centro Italia (31%) e coloro con età compresa tra i 25-34 anni e i 45-54 anni (31%).

Le aree in cui si punta a risparmiare

L’aumento del costo delle materie prime ha avuto un forte impatto sul carrello della spesa e questo ha spinto molti consumatori a cambiare le proprie abitudini d’acquisto o alimentari. Secondo l’indagine, molti hanno affrontato i rincari orientandosi su marchi più economici (41%) o cambiando punto vendita (28%). Soluzioni spesso non sufficienti tanto che, comunque, 35 milioni di consumatori hanno ridotto, se non addirittura eliminato, dalla loro tavola alcuni alimenti; non solo dolci (46%), snack (44%), alcolici (39%), ma anche alimenti come carne (43%) e pesce (30%). C’è addirittura chi ha ridotto notevolmente l’acquisto di frutta (4,5 milioni di individui), pasta (3,4 milioni) e verdura (2,9 milioni). Dalla tavola al tempo libero; più di 2 italiani su tre hanno ridotto le uscite al ristorante, mentre il 48% ha deciso di limitare i viaggi.

Auto, casa, bollette

Il caro-benzina è uno dei problemi con cui tutti gli automobilisti hanno dovuto fare i conti; per far fronte agli aumenti il 46% dei rispondenti, molto semplicemente, ha detto di aver ridotto l’uso dell’auto nel tempo libero, mentre il 47% ha cercato di risparmiare prestando maggiore attenzione nella scelta della pompa di benzina. Altra voce di spesa cresciuta notevolmente negli ultimi mesi è quella dell’energia elettrica e del gas. In questo caso gli italiani hanno cercato di far fronte agli aumenti impegnandosi nella riduzione dei consumi, ad esempio facendo più attenzione all’illuminazione domestica (61%), abbassando il riscaldamento (46%), ottimizzando l’uso degli elettrodomestici (42%) o consumando meno acqua calda (26%). Circa 10 milioni di italiani, invece, hanno cercato di risparmiare sulla bolletta luce e gas semplicemente cambiando fornitore di energia.

Vacanze pasquali: c’è voglia di viaggiare, nonostante guerra, Covid e inflazione

La maggioranza degli italiani non è disposta a rinunciare alle vacanze primaverili di Pasqua, nemmeno nel 2022, ma il conflitto russo-ucraino, l’evoluzione della pandemia e l’aumento dei prezzi stanno condizionando la scelta della meta, che ancora una volta, ricade sull’Italia. Future4Tourism, la ricerca previsionale di Ipsos sulle intenzioni di vacanza degli italiani, ha monitorato i piani di viaggio dei nostri connazionali per le festività di Pasqua, considerando la pandemia da Covid-19, gli effetti della guerra Russia-Ucraina e la ripresa dell’inflazione.

Una gita fuori porta o un long week-end?

Nonostante le forti incertezze del periodo, il 44% degli italiani è intenzionato a prendersi una pausa durante il periodo pasquale, una quota del tutto simile a quella misurata per la Pasqua 2018, periodo distante dalle interferenze pandemiche e dalla guerra.
La pausa pasquale ha visto suddividersi quasi equamente coloro che hanno intenzione di concedersi una gita fuori porta (23%) e chi invece ha pensato di concedersi un long week-end, o anche periodi più lunghi con pernottamento (21%), decidendo per lo più di rimanere in Italia (circa 2 vacanzieri pasquali su 3). La quota di chi ha già effettuato una prenotazione però è molto contenuta (12%).

Quasi 7 italiani su 10 pronti a fare le valigie

Allargando le previsioni a tutto il periodo primaverile, i programmi di viaggio per i mesi di aprile, maggio e giugno vedono quasi 7 italiani su 10 pronti a fare le valigie. Nonostante la misurazione dei propositi di viaggio sia stata effettuata a conflitto russo-ucraino già iniziato, al momento non c’è intenzione di mettere un freno alla voglia di vacanza. E ancora una volta l’Italia sarà la destinazione più scelta (68%), con valori superiori al periodo pre-Covid. Ma se la scelta della destinazione subisce ancora l’impatto della pandemia, in questo momento è la guerra Russia-Ucraina ad avere un maggior influsso. Tra i viaggiatori primaverili, il 28% sostiene che la meta è influenzata molto dalla pandemia, quota che incrementa fino a un 37% di viaggiatori che sono invece influenzati dalla guerra.

Partire sì, ma attenti al budget

Oltre a pandemia e conflitto, un altro fattore sembra influire sulle decisioni degli italiani dei prossimi mesi: l’inflazione, e il conseguente aumento dei prezzi. Tra i potenziali viaggiatori primaverili 7 su 10 non sono disposti a rinunciare al viaggio, ma 5 su 10 sono consapevoli che pur viaggiando dovranno stare attenti al budget, e se necessario, fare qualche rinuncia. Tre sono in particolare le strategie per cercare di contenere i costi: evitare ponti e alta stagione, scegliere sistemazioni più economiche rispetto a quanto abituati a fare, ridurre la frequentazione di ristoranti e bar. È indubbio che gli operatori turistici stanno già guardando all’estate. E se da un lato i dati sono rassicuranti (a inizio marzo il 58% prevede di fare le vacanze estive 2022 tra luglio e settembre, il dato più alto registrato dal 2018), dall’altro si riduce la quota di coloro che hanno già prenotato.

Quanto ci mette un hacker a scoprire una password?

Anche zero. Può essere addirittura questo il tempo impiegato da un hacker “medio” per decriptare una password e violare un account. Il rischio è concreto a maggior ragione se la password non è sicura, ovvero breve e, ad esempio, composta da soli numeri. E’ un report di Hive Systems, società di cyber-security, a mettere in guardia gli utenti più distratti o fiduciosi, specificando che il rischio concreto di farsi soffiare i propri dati o peggio le proprie credenziali bancarie è molto concreto.

Le combinazioni troppo facili

L’utilizzo di soli numeri, ad esempio, potrebbe consentire a un cybercriminale di scoprire istantaneamente la password, a maggior ragione se è composta da 4-11 caratteri. Usare solo lettere minuscole, invece, vuol dire fornire i propri dati direttamente agli hacker. Infatti, le password da quattro a otto caratteri, che sono solo minuscole, possono essere decifrate istantaneamente. Secondo il report, una password composta da nove lettere minuscole può essere scoperta in 10 secondi. Se la password richiede 10 caratteri, quel tempo si espande a 4 minuti. Una password di 11 caratteri, che utilizza nient’altro che lettere minuscole, può essere calcolata in due ore. Gli hacker, infatti, sono diventati non solo più bravi e di conseguenza pericoli, ma anche infinitamente più rapidi nel rubare credenziali e dati.

Quale mix è preferibile?

Utilizzando un mix di lettere minuscole e maiuscole, le password da quattro a sei caratteri possono essere decifrate istantaneamente. Le password composte da sette caratteri richiedono solo due secondi per essere scoperte, mentre le password con otto, nove e dieci caratteri che utilizzano lettere minuscole e maiuscole possono essere individuate rispettivamente in due minuti, un’ora e tre giorni. Una password di 11 caratteri che utilizza lettere maiuscole e minuscole può tenere a bada un hacker per un massimo di cinque mesi. Anche mescolando lettere minuscole e maiuscole insieme a numeri, l’utilizzo di una password composta da soli quattro o sei caratteri non è affatto sicuro. E aggiungendo simboli al mix, anche una password di sei lettere potrebbe essere decifrata all’istante. In poche parole, le password devono essere lunghe e l’aggiunta di una lettera in più può fare un’enorme differenza nel mantenere i dati personali al sicuro. Se si utilizzano lettere minuscole e maiuscole, numeri e simboli, una password di dieci lettere potrebbe essere risolta in cinque mesi. Usando le stesse lettere, numeri e simboli, una password di 11 caratteri impiegherebbe fino a 34 anni per essere decifrata.

La password perfetta

Per mettersi al riparo da brutte sorprese, Hive suggerisce che una password dovrebbe contenere almeno 8 caratteri, utilizzando un mix di numeri, lettere maiuscole, lettere minuscole e simboli. Una password di 18 caratteri che utilizza il suddetto mix richiederebbe da un hacker medio fino a 438 trilioni di anni per essere decifrata.

L’ascesa degli OTT non rallenta nonostante si torna a vivere fuori casa 

Con l’aumento del tempo a disposizione e la vita prevalentemente confinata alle mura domestiche durante i periodi di lockdown negli ultimi due anni la dieta mediale degli italiani è variata sensibilmente.

In merito alla penetrazione e al tempo speso nella fruizione di diversi mezzi, nuovi e tradizionali, alcuni fenomeni si sono stabilizzati mente altri sono rientrati ai livelli pre-pandemia. E se l’esplosione della fruizione delle piattaforme Over The Top ha attirato l’attenzione di numerosi player, non sembra arrestarsi. Oggi gli OTT sono molto presenti tra il pubblico più giovane, ma stanno guadagnando terreno anche tra i segmenti più maturi. La piattaforma di GfK Sinottica è un osservatorio privilegiato sulla comprensione di questo fenomeno, rilevando in single source e in maniera continuativa i diversi comportamenti mediali dei target.

Ad aprile 2020 raggiunta una platea mensile simile a quella dei mezzi tradizionali

La fruizione di contenuti video rimane comunque fortemente ancorata alla TV lineare, anche se le curve di ascolto si stanno avvicinando velocemente, soprattutto nella GenZ.  Durante il primo lockdown, le piattaforme OTT avevano raggiunto una platea mensile (57% nel mese di aprile 2020) paragonabile a quella dei mezzi tradizionali, pari a oltre la metà della popolazione dai 14 anni in su.

Nel corso del 2020 e del 2021 tali valori si sono confermati, e sono anche cresciuti ulteriormente, raggiungendo il 60% a settembre 2021.
Il riappropriarsi di una vita ‘outdoor’ non ha dunque arrestato né ridimensionato il fenomeno, che oggi è parte integrante della ‘nuova normalità’.

I valori di penetrazione salgono maggiormente tra i più giovani 

I valori di penetrazione, già alti a totale popolazione, salgono maggiormente tra il pubblico giovane. La fruizione mensile dei contenuti VOD tra la Generazione Z e i Millennials sfiora l’80% (78% a settembre 2021). Rimane sopra la media anche tra la Generazione X, raggiunta per oltre 2/3, mentre perde terreno solo tra le fasce più anziane, dove però il fenomeno sta crescendo in maniera considerevole (+68%).

I dati offrono quindi un’istantanea di tendenza alla normalizzazione. Si tratta di un fenomeno presente nella vita di tutti gli italiani, non più circoscritto ai soli segmenti più attivi e aperti alle novità.

La TV continua a mantenere audience giornaliere più che doppie

Per quanto cresciuta in maniera importante in tutti i target, la fruizione di contenuti sulle piattaforme OTT è ancora lontana da quella della TV lineare, soprattutto quando si sposta il punto di osservazione sull’esposizione più frequente. 
Giornalmente, circa un quarto della popolazione si espone a contenuti on demand (22% a settembre), mentre gli esposti ai contenuti della TV lineare sono quasi quattro volte tanto (81%). La relazione tra i due mezzi rimane quindi un processo da monitorare. Tra la GenZ, ad esempio, le curve di fruizione si stanno avvicinando più velocemente, anche se la TV mantiene per il momento audience giornaliere più che doppie (72% vs. 31%).

Con il digitale le aziende possono ridurre le emissioni

Gli impegni presi durante la conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico COP26 modificheranno le priorità delle aziende di tutto il mondo. Ci si aspetta un’accelerazione nell’adozione di modelli a zero emissioni come principio organizzativo dell’attività di business. L’enormità dell’emergenza climatica richiede subito la mobilitazione da parte delle realtà di ogni settore industriale ed economico. E la tecnologia digitale offre il percorso più diretto per ottenere gli obiettivi stabiliti negli accordi presi alla COP 26. Unlocking a sustainable future: Why digital solutions are the key to sustainable business transformation è il report condotto da Schneider Electric sul ruolo della digitalizzazione nell’arena della sostenibilità e dell’efficienza energetica.

AI e machine learning moltiplicano le opzioni per la sostenibilità

Creato insieme a CNBC Catalyst, il report descrive come aziende e istituzioni stanno sfruttando le tecnologie digitali per ridurre le emissioni di gas serra, realizzare la transizione all’energia rinnovabile, e rendere più trasparente la loro supply chain. Integrando l’intelligenza umana e quella delle macchine, le aziende incluse nel report hanno sfruttato la capacità degli algoritmi e del calcolo a elevate performance per creare cambiamenti in ambiti essenziali come l’uso dell’energia, la progettazione urbana, il consumo di risorse, l’efficienza della supply chain, e la generazione di energia elettrica

L’equilibrio tra responsabilità ambientale e sociale

L’aumento delle aspettative rispetto al raggiungimento dei risultati di sostenibilità ha alzato il livello della sfida per le aziende. I messaggi lanciati durante la COP26 hanno enfatizzato la necessità da parte di governi e aziende di dare conto del proprio impegno. Le aziende più progressiste hanno capito che un futuro più sostenibile è cruciale per assicurare la fattibilità del loro business a lungo termine. Swire Properties, ad esempio, ha avviato un percorso di decarbonizzazione focalizzato sulla riduzione dell’intensità di emissioni di gas serra nel suo portfolio immobiliare. Per farlo ha investito in strumenti di misurazione digitale efficienti, e ha stretto una partnership con Schneider Electric per creare un modello dell’efficienza energetica nei suoi edifici. Questo ha portato a una riduzione del 19% nelle emissioni di gas serra complessive generate dalle proprietà.

Il vantaggio di connettere trasformazione sostenibile e digitalizzazione

Gli investimenti in tecnologie digitali possono produrre valore rilevante se realizzati con un partner in grado di moltiplicarne gli effetti. In uno scenario in cui la digitalizzazione è cruciale per la continuità del business, risulta evidente la necessità di agire per un futuro più resiliente, anche grazie all’efficienza energetica. In questo senso, IHG Hotels & Resorts aiuta i suoi partner in franchising di tutto il mondo a misurare e gestire l’impatto ambientale usando una piattaforma online innovativa. E due hotel della catena stanno portando avanti un progetto di decarbonizzazione all’interno di un percorso verso le emissioni zero, attuato sulla base di modelli e valutazioni dell’impatto in termini di emissioni di Co2.

Ristorazione e digitalizzazione: a che punto siamo?

Uno dei settori di punta dell’economia italiana, la ristorazione, in che rapporti è con la digitalizzazione? A questa domanda ha risposto un’indagine di Qonto, soluzione di gestione finanziaria per PMI e professionisti, che ha recentemente condotto un’indagine su un campione di aziende italiane che operano nel mondo food per esaminare lo stato dell’arte e gli sviluppi in materia di digitalizzazione del comparto.

La “spinta” data dal Covid
E’ innegabile che anche in questo settore, come nella maggior parte dei comparti economici, la pandemia abbia inevitabilmente dato una spinta verso la digitalizzazione. L’emergenza sanitaria, infatti, ha segnato un’accelerazione nel processo di digitalizzazione tanto tra i consumatori, con la nascita di nuove abitudini digitali per lavorare, studiare e rimanere in contatto con il mondo, quanto nelle aziende attraverso l’adozione di strumenti e tecnologie da impiegare nei processi organizzativi, produttivi, finanziari e gestionali per reagire alle misure restrittive imposte dall’emergenza sanitaria. E la ristorazione è stata tra le prime realtà a coglierne le opportunità.

PNRR e gli investimenti in digitalizzazione nel 2022
Per la stragrande maggioranza (80%) delle pmi della ristorazione intervistate da Qonto, nel 2022 gli investimenti in digitalizzazione saranno cruciali e il 96% di queste utilizzerà gli incentivi messi a disposizione dal PNRR. I principali motivi alla base della scelta sono, per oltre il 70% delle aziende, sia la possibilità che il digitale offre di ottimizzare i processi e accrescere l’efficienza della propria azienda, sia di mantenere o accrescere la propria competitività nel settore. Gli investimenti saranno destinati soprattutto ad implementare nuove attività di marketing e advertising digitale (opzione scelta dal 53% del campione), per avviare e potenziare un canale di e-commerce (45%), preso atto del forte potenziale del canale di vendita online, e per l’adozione o l’aggiornamento di software gestionali (28%).

Le priorità degli imprenditori
Il 92% degli intervistati sarebbe favorevole all’istituzione, da parte del Governo, di un “bonus” a supporto della digitalizzazione delle aziende del settore della ristorazione.
Secondo gli intervistati, tale bonus potrebbe essere utilizzato per sviluppare nuovi servizi a favore della riduzione degli sprechi alimentari in un’ottica di sostenibilità (indicazione data dal 68% delle pmi intervistate) e per una migliore gestione del business (53%). le premesse per un’evoluzione ci sono tutte, dato che è ormai superato quello che pare sembra essere lo “scoglio” maggiormente sentito dagli imprenditori della ristorazione: la mancanza di risorse. Un problema che dovrebbe essere risolto con i fondi del PNRR.