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Intelligenza artificiale, cosa ne pensano gli italiani?

Il sentiment degli italiani nei confronti dell’intelligenza artificiale oscilla fra entusiasmo e qualche preoccupazione, specie per alcuni settori. Lo rivela una recente indagine commissionata da Readly. Si scopre così che  i nostri connazionali mostrano un atteggiamento contrastante nei confronti dell’Intelligenza Artificiale (IA). Mentre molti si dichiarano favorevoli all’uso dell’IA in settori come la medicina e la domotica, molti manifestano delle perplessità per quanto concerne  ambiti come il giornalismo, la scuola e la finanza.

Medicina: aspettative e differenze generazionali  

Quasi la metà degli italiani (49%) ha alte aspettative per l’utilizzo dell’IA in campo medico, con particolare entusiasmo tra i giovani (18-29 anni) e gli anziani oltre i 60 anni. Solo il 16% si mostra preoccupato per i possibili risvolti negativi in questo settore. Inoltre, c’è una differenza di genere nell’atteggiamento verso l’IA, con il 35% degli uomini che la ritiene vantaggiosa rispetto al 25% delle donne.

Smart home: i giovani sono i più favorevoli  

Il 34% degli italiani vede con favore l’incremento dell’IA nelle tecnologie smart-home, con un picco del 41% tra i giovani adulti. Tuttavia, questi livelli di entusiasmo scendono notevolmente quando si tratta di altri settori.

Giornalismo: i timori superano le aspettative

L’uso dell’IA nel giornalismo suscita profonde preoccupazioni. Tanti che il 25% degli italiani la ritiene addirittura pericolosa e solo l’8% crede possa migliorare il settore. Marie Sophie Von Bibra, direttore marketing di Readly, sottolinea l’importanza del giudizio umano e della supervisione “reale” in settori sensibili come il giornalismo.

Ma la stessa diffidenza la si riscontra anche in altri aspetti della vita. Ad esempio, una netta maggioranza degli intervistati (90%) considera l’IA dannosa nelle relazioni sociali, con l’87% dei giovani e il 94% degli anziani che condividono questa preoccupazione. Analogamente, c’è una diffusa apprensione riguardo all’uso dell’IA nell’ambito scolastico.

Settori dove le potenzialità sono considerate rilevanti

Oltre alla medicina e alla domotica, gli italiani vedono potenzialità nell’IA per il coding e la programmazione tecnologica (41%), la ricerca scientifica (37%), la sicurezza informatica (32%) e i trasporti (24%). Tuttavia, nel campo legale e giudiziario, l’IA è considerata ‘inopportuna’ dall’89% degli intervistati. Solo il 20% intravede vantaggi nei servizi bancari e finanziari.

La necessità di un uso consapevole

Marie Sophie Von Bibra, direttore marketing di Readly, sottolinea l’importanza di un approccio bilanciato all’integrazione dell’IA. Sebbene l’IA abbia potenzialità in ogni settore, è cruciale utilizzarla in modo consapevole per ottenere risultati equilibrati. In conclusione, gli italiani sono aperti all’innovazione tecnologica, ma chiedono una gestione attenta dell’IA, specialmente in settori chiave come le relazioni umane. 

GenZ e Millennials spingono il credito al consumo nel Black Friday

Durante il weekend del Black Friday la richiesta di credito al consumo è cresciuta rispetto alla media del mese precedente, e le richieste di Buy now, pay later e di dilazioni di pagamento registrano gli incrementi maggiori.
A trainare la domanda, i più giovani, GenZ e Millennials.

È quanto emerge da uno studio CRIF: nel corso del fine settimana del Black Friday e Cyber Monday, dal 24 al 27 novembre scorsi, la domanda di credito al consumo è aumentata del +8% rispetto alla media di ot6obre 2023. L’analisi è stata effettuata sul patrimonio informativo di EURISC, il Sistema di Informazioni Creditizie di CRIF.

Buy now, pay later: +74%

In particolare, CRIF registra complessivamente un +74% per quanto riguarda le richieste di Buy now, pay later (richieste di finanziamento effettuate e gestite tramite canali digitali) e +52% per le Dilazioni di pagamento, ovvero la formula di finanziamento che si effettua presso retailer convenzionati.
Quanto all’età del richiedente, l’analisi evidenzia come la crescita della domanda nel periodo Black Friday rispetto al periodo precedente ottobre-novembre sia guidata dai Gen Z, i nati dopo il 1996, e i Millennials, i nati dopo il 1981.

Infatti, “l’incidenza di queste generazioni più giovani è aumentata nel Black Friday rispetto alle settimane immediatamente precedenti, in particolare per quanto riguarda gli strumenti di credito innovativi, dove i nati dopo il 1981 sono quasi i due terzi dei richiedenti e segnano un +72% delle richieste di ‘Buy now, pay later’ e dilazioni di pagamento”, spiega Simone Capecchi, Executive Director di CRIF.

“Il cambiamento delle abitudini di pagamento influenza tutte le fasce di età”

“Va comunque segnalato che la penetrazione di queste forme più innovative di credito aumenta anche per le generazioni più anziane, i nati prima degli anni ’80, a conferma di un cambiamento delle abitudini di pagamento che influenza tutte le fasce di età”, aggiunge Capecchi.
Se si guarda al confronto tra il periodo del Black Friday di quest’anno rispetto al 2022 emerge complessivamente un aumento limitato della domanda di credito al consumo (+2%), trainato proprio dalle nuove forme di finanziamento. Le dilazioni di pagamento registrano infatti una impennata del +95%.

Calano i prestiti finalizzati: -17%

Per le forme di finanziamento più tradizionali, come i Prestiti Finalizzati, ma non per l’auto, si riscontra un considerevole calo: -17% rispetto al Black Friday 2022. I Prestiti Personali, al contrario, registrano una ripresa significativa: +32% rispetto al periodo precedente.
L’analisi CRIF ha anche indagato l’andamento della domanda di credito al consumo a livello di area geografica.

In questo caso, le richieste di credito nel periodo del Black Friday sono aumentate in particolare in Emilia-Romagna, Campania e Friuli–Venezia Giulia.

Videogiochi: per gli italiani riducono stress, ansia e solitudine

Quasi 6 italiani su 10 ritengono che i videogiochi siano in grado di ridurre l’ansia, mentre poco meno della metà afferma che possono aiutare a combattere la solitudine. E per circa 7 italiani su 10 i videogame sono un valido strumento per combattere lo stress

È quanto emerge da un sondaggio dal titolo ‘The power of game’, condotto in Italia da IIDEA, che fa parte di Video Games Europe, su un campione di circa 13mila videogiocatori provenienti da 12 Paesi (Australia, Brasile, Canada, Corea del Sud, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Polonia, Spagna, Stati Uniti e Italia), di cui circa mille giocatori italiani.

Uno stimolo per la mente e la connessione tra le persone

Secondo i partecipanti a livello globale i videogiochi stimolano la mente (70%), favoriscono la connessione tra persone diverse (78%) e offrono esperienze accessibili a persone con abilità diverse (75%).

E secondo i partecipanti italiani, in particolare, i videogiochi hanno un effetto positivo sulla riduzione dello stress (69%), dell’ansia (58%) e della solitudine (45%).
Insomma, i videogiochi possono avere effetti positivi sulla salute mentale, riporta Ansa.

Un aiuto per affrontare le sfide di ogni giorno e sentirsi più felici

Dallo studio emerge, quindi, come i videogiochi possano fornire ai giocatori una serie di benefici sociali ed emotivi condivisi a livello globale.
Nello specifico, i videogiochi sono un efficace strumento per ridurre lo stress a tutti i livelli per le donne (54%) più che per gli uomini (47%), e soprattutto nella fascia di età 25-34 anni (55%).

In più, aiutano ad affrontare le sfide di ogni giorno (66%) e a sentirsi più felici (48%).
Talvolta sono anche terapeutici, dal momento che per 4 intervistati su 10 sono stati utili a superare momenti difficili.

Giocare in compagnia? Meglio online

I videogiochi, poi, rinforzano skills e attitudini. Migliorano la creatività (69%), aiutano a sviluppare le competenze cognitive (68%), agevolano il lavoro di squadra (63%), affinano le competenze linguistiche (63%) e, in generale, stimolano la flessibilità (59%).

Quanto alle ragioni che spingono gli italiani a videogiocare, riferisce ItaliaInforma, se per la maggior parte (65%) sono un modo per passare il tempo, divertirsi (63%) è un’ottima ragione per farlo, e 6 intervistati su 10 pensano che esista un videogioco adatto per tutti.
Rispetto alle abitudini di gioco il 71% del campione italiano valuta positivamente la propria esperienza di gioco online, che quando si sceglie di giocare in compagnia spesso viene preferito al gioco in presenza.

Noleggio auto: nel primo semestre crescono flotta e immatricolazioni 

Dopo i primi positivi segnali nella Legge Delega, le imprese italiane di autonoleggio attendono un alleggerimento del peso fiscale sui costi di mobilità, che continuano a penalizzarle rispetto ai competitor di altri Paesi europei. Ma nel primo semestre 2023 il settore registra una crescita decisa: +47% di immatricolazioni, con una flotta circolante che supera 1 milione e 300mila veicoli.
E a conferma del ruolo chiave nella diffusione di veicoli a basse o zero emissioni allo scarico, il noleggio autoveicoli rappresenta il 34% delle nuove vetture elettriche e il 63% dei veicoli ibridi alla spina (PHEV). È quanto emerge dall’analisi semestrale sulla mobilità pay-per-use condotta da ANIASA, l’Associazione che all’interno di Confindustria rappresenta il settore dei servizi di mobilità.

Un veicolo nuovo su 3 è a noleggio

Il settore del noleggio veicoli ha immatricolato nei primi sei mesi dell’anno 308.950 veicoli, il 33% dei totali nuovi messi sulle strade italiane. Di fatto, un veicolo nuovo su 3 è a noleggio.
Il nuovo aumento dei volumi registrato dal settore riguarda non solo i nuovi ‘innesti’ nel parco, ma anche la consistenza complessiva della flotta, che ha toccato 1 milione e 300mila unità. Di questi, 1.197.000 sono noleggiati a lungo termine da aziende, PA e privati (con partita IVA o solo codice fiscale) e 135.000 presi in locazione a breve termine per esigenze turistiche o di business.

La top 3 dei modelli più noleggiati: Panda, Ypsilon, Sandero

La top ten dei modelli di auto più noleggiati nei primi 6 mesi del 2023 propone diverse novità, che confermano come ormai le fonti di approvvigionamento di questo mercato siano piuttosto diversificate. Al di là dei posizionamenti di vertice dei modelli del Gruppo di riferimento dell’ex costruttore nazionale, con Panda (1° posto), Ypsilon (3°), 500 (4°), Renegade (5°) e 500 X (8°), si segnala il secondo posto della Sandero, e nella seconda parte della classifica, la presenza di Yaris Cross, T-Roc, Duster e Captur.

Aumentano i privati che scelgono di non acquistare la macchina

Tra i segmenti di clientela che hanno visto una ulteriore crescita rispetto allo scorso anno si distinguono i privati che hanno scelto di non acquistare la vettura, ma prenderla a noleggio per 1 o più anni. Si tratta di 163.000 unità, circa il 14% del totale veicoli in flotta.
Le aziende si confermano clientela consolidata dei noleggiatori (76% dei mezzi a nolo in circolazione) e il restante 10% è nelle mani delle PA. Ma se nel primo semestre il noleggio a breve termine non ha ancora colmato il gap nei volumi rispetto al pre-pandemia, perdendo quasi 1 noleggio su 5 (-17,5% vs 2019), prosegue nella fase di recupero, avviando a graduale soluzione le difficoltà di approvvigionamento dei veicoli registrate negli anni scorsi e riducendo i prezzi per noleggio (-9,4% rispetto al 2022). Positivi tutti gli altri indicatori: giro d’affari (+21% vs 2019), giorni di noleggio (+4%), flotta (+1%) e durate dei noleggi (+26%).

La società attuale è più equa e egualitaria? Le risposte in un’indagine

Le disuguaglianze sono un fenomeno sempre più evidente nelle società contemporanee, rappresentando una significativa disparità nelle opportunità, risorse e diritti tra individui e gruppi. Questa problematica sociale ed economica richiede un’attenzione particolare, motivo per cui Ipsos da anni studia e analizza l’ampliarsi delle disuguaglianze, i suoi effetti e le conseguenze in termini di coesione e disagio sociale. A questo proposito ha preso il via il ciclo di studi Ipsos Equalities Index, un’indagine internazionale che esplora la percezione delle persone sulle disuguaglianze e sulle discriminazioni subite da diversi gruppi, nonché la valutazione dei progressi compiuti e il ruolo dei responsabili nell’ottenere una società più equa.

Chi subisce maggiormente le discriminazioni?

 Ipsos Equalities Index si focalizza principalmente sulle disuguaglianze sociali, ovvero le differenze nella posizione sociale e nel trattamento delle persone in base a caratteristiche personali o di gruppo come genere, etnia, religione, orientamento sessuale, identità di genere e abilità. Riguardo ai risultati dell’indagine condotta in 33 paesi, in media il 52% delle persone considera le disuguaglianze un problema importante da affrontare (percentuale riscontrata anche in Italia). Tra i gruppi considerati più discriminati, le persone con disabilità fisica sono ritenute quelle che subiscono la discriminazione più grave. Seguono le donne, le persone affette da disturbi mentali e la comunità LGBT+. In Italia, invece, le donne e la comunità LGBT+ sono considerate le più discriminate, seguite dalle persone con disabilità fisica e gli immigrati.

Confronto tra generazioni sul tema delle disuguaglianze

Dall’Ipsos Equalities Index emerge che la Generazione Z (nata tra il 1996 e il 2012) è la generazione più sensibile alle disuguaglianze rispetto alle altre. In particolare, ogni generazione successiva ha maggiori probabilità di considerare le disuguaglianze un problema importante nel proprio paese rispetto alla generazione precedente. I Baby Boomers (nati tra il 1945 e il 1965), ad esempio, sono l’unica generazione in cui la maggioranza assoluta non ritiene le disuguaglianze un problema molto serio da affrontare. I più giovani stanno progressivamente abbandonando l’idea del “se vuoi puoi”, diventando più scettici riguardo all’idea di vivere in una società meritocratica e credendo sempre di più che i fattori strutturali, cioè quelli che sfuggono al proprio controllo diretto, siano più determinanti per il successo nella vita. La Generazione Z è anche più propensa a credere che una società realmente giusta si basi sul principio di equità anziché sull’uguaglianza. Mentre l’uguaglianza implica fornire lo stesso a tutti, l’equità riconosce che non tutti partono dallo stesso punto e che occorre intervenire per correggere gli squilibri.

Età e genere

Ci sono alcune eccezioni degne di nota riguardanti l’ageismo e il genere. I giovani sono meno inclini a considerare gli anziani come un gruppo discriminato. In particolare, la Generazione Z è l’unica a pensare che i giovani siano trattati peggio degli anziani. Un’altra eccezione riguarda la parità di genere. I più giovani sono meno propensi a credere che le donne siano ancora oggetto di discriminazione. Questo segnala una crescente percezione tra i giovani che gli uomini siano trattati ingiustamente. Anche se questa opinione è condivisa solo da una piccola minoranza (8% della Generazione Z), si osserva una chiara tendenza tra le diverse generazioni. Ad esempio, i Baby Boomers hanno solo la metà delle probabilità di condividere questa opinione (4%).

Uomini e donne: percezioni diverse

In generale, le donne sono più sensibili alle tematiche legate alle disuguaglianze. Indicano le persone con disabilità, neurodiversità, problemi di salute mentale e coloro che si identificano come LGBT+ come i gruppi più discriminati. Tuttavia, non vi sono differenze significative tra uomini e donne riguardo a questioni come razzismo, xenofobia, ageismo e pregiudizio religioso. Un risultato sorprendente è che le persone più ricche e istruite sono le più sensibili alle disuguaglianze. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non solo riconoscono maggiormente il problema, ma sostengono anche la necessità di fare di più per combatterlo. Le persone più abbienti sono anche più propense a credere che sia giusto garantire un accesso equo alle risorse e alle opportunità necessarie per ottenere risultati simili.

A che punto siamo?

In generale, tutti i paesi coinvolti nell’indagine (ad eccezione della Polonia) sono concordi sul fatto che molto altro debba essere fatto per colmare le disuguaglianze. Ovviamente, ciò che significa “molto altro” varia da paese a paese. I paesi che hanno compiuto maggiori progressi in termini di parità di genere, diritti LGBT+ e che affrontano ingiustizie razziali storiche sono quelli in cui è più diffusa la percezione di aver fatto qualche progresso.

Nel 2022 carte e bancomat sono costati 5 miliardi alle imprese

Tra commissioni e costi accessori nel 2022 l’uso di carte e bancomat è costato alle imprese italiane almeno 5 miliardi di euro. Un onere che grava in proporzione soprattutto sulle attività di minori dimensioni, che vedono restringere i margini a causa dei costi delle commissioni.  
A stimarlo è Confesercenti, in vista del Tavolo tecnico per il taglio delle commissioni sui pagamenti tramite Pos, convocato dal Ministero dell’Economia. L’Italia in dieci anni è diventato il Paese europeo con il più alto numero di Pos (3,9 milioni), anche se il numero di operazioni rimane ancora sotto la media. Più alto invece, l’importo medio delle transazioni (circa 50 euro), che sottolinea come il problema sia soprattutto relativo alle micro-transazioni.

Nel 2023 le transazioni con pagamenti digitali saranno il 50% 

Nel 2022 le transazioni con pagamenti digitali hanno raggiunto 400 miliardi di euro, quasi il 40% del totale speso degli italiani, e nel 2023 sarà il 50%. Un risultato ottenuto con grandi costi a carico degli esercenti. L’indagine Confesercenti, infatti, restituisce un peso delle commissioni fino e oltre l’1,4% del transato per le attività minori, dove l’incidenza dei pagamenti in moneta elettronica sul totale è in rapida crescita, e in alcuni casi, come nell’abbigliamento, raggiunge anche l’80% delle vendite.
Ma i costi delle commissioni sono un problema soprattutto per tabaccherie, gestori carburanti, edicole e tutte le altre attività caratterizzate da piccoli margini sul venduto.

È necessaria una distribuzione più equa dei costi  

Dopo tutto questo tempo, gli esercenti attendono finalmente una soluzione al problema. L’obiettivo dichiarato del Tavolo è la riduzione dei costi della ‘moneta di plastica’ per i circa 2,5 milioni di piccole attività con meno di 400 mila euro di fatturato annuo. La speranza è che non si proceda a un semplice restyling dei provvedimenti attuali (il credito di imposta previsto ora è insufficiente), ma che si arrivi a una vera riforma che favorisca la diffusione delle transazioni elettroniche attraverso una distribuzione più equa dei costi. Per raggiungere questo risultato, però, è necessario che il governo svolga un ruolo attivo, non di semplice garante.

Agevolare le attività con fatturato inferiore a 400mila euro 

Una maggiore diffusione della moneta elettronica favorirebbe la modernizzazione del sistema economico del paese, un obiettivo che Confesercenti condivide. Ottenerlo con un obbligo calato dall’alto crea però una distorsione a sfavore degli esercenti. Per questo i provvedimenti di questo tipo sono solitamente accompagnati da agevolazioni, non solo da sanzioni. Confesercenti propone quindi di costituire un Osservatorio per rendere chiari i costi attuali della moneta elettronica. Ma anche di rendere gratuite le transazioni sotto 30 euro per le attività sotto i 400 mila euro di fatturato annuo, aiutarle a dotarsi di dispositivi contactless. e predisporre un nuovo credito di imposta della durata di tre anni, su tutte le transazioni. 

Mercato globale Telecom: i trend del 2022

“Come per tutti gli altri segmenti del Tecnologia di consumo e dei beni durevoli, il 2022 è stato un anno difficile per il settore della Telefonia – spiega Jan Lorbach, esperto GfK per il settore Telecom -. Nel complesso, il mercato globale della telefonia ha chiuso il 2022 con un calo del -9,7% a valore rispetto all’anno precedente”. Per quanto riguarda il mercato italiano Telecom, secondo i dati GfK il 2022 è stato un anno positivo, che si è chiuso con una crescita del +4% per il settore nel suo complesso. Rispetto all’anno precedente, sono cresciuti a valore sia gli Smartphone (+2,7%) sia i Wearable (+8%).

Smartphone: calano i ricavi

Anche il segmento degli Smartphone, compresi i Phablet, a livello globale ha registrato un calo della domanda (-9,1% rispetto al 2021), per un totale di 908 milioni di unità vendute, così come i ricavi (-10,2%), pari a 330 miliardi di dollari. Nel 2022 il mercato è stato sostenuto principalmente dai consumatori con reddito medio-alto, che rappresentano il 48% di tutti gli acquirenti di smartphone. Di conseguenza, aumenta la domanda di dispositivi premium: il fatturato dei modelli 5G è cresciuto dell’1,2% e quello degli smartphone con capacità superiore a 256 GB del 19%, pari al 41% del fatturato totale del mercato nel 2022. Nonostante la tenuta del segmento premium, il numero totale di acquisti è diminuito. Un trend particolarmente evidente per la GenZ, che estende consapevolmente il ciclo di vita dei propri dispositivi.

Wearable e Visori AR/VR

Uno dei pochi segmenti del comparto rimasto stabile è quello dei dispositivi indossabili. Con 13,9 miliardi di dollari di fatturato, il mercato dei Wearable ha raggiunto quasi lo stesso livello dell’anno precedente (-1,1%). Alcuni dei segmenti più popolari hanno perso terreno (Health e Fitness tracker -31%), mentre altri hanno avuto maggiore successo (Smartwatch +21%). Questi cambiamenti sono legati alla domanda crescente di soluzioni smart per il controllo della salute, come la possibilità di misurare il livello di stress (EDA). Lanciati nel quarto trimestre 2021, questi dispositivi rappresentano già il 16% del fatturato del mercato dei Wearable, e continuano a crescere. Al contrario, nel 2022 le vendite di visori VR nel mercato europeo diminuiscono del -15%: il primo calo in assoluto dopo anni di crescita a doppia cifra.

Prospettive per il 2023

GfK prevede un 2023 più forte per il settore Telecom. La Cina, il mercato più grande, dovrebbe riprendersi e trainare la crescita a livello internazionale. Gli sviluppi all’interno delle tre principali categorie di prodotti avranno un impatto positivo, ma nonostante l’allungamento del ciclo di vita gli smartphone acquistati nel 2020/2021 entreranno quest’anno nella finestra di sostituzione. Per quanto riguarda i Wearable, il mercato sarà trainato dalla nuova generazione di sensori per l’Health Tracking. Inoltre, si prevede una crescita dei ricavi per il segmento Smartwatch. Nel 2023 la realtà virtuale e aumentata poi dovrebbero crescere oltre l’area del gaming. Uno dei segmenti con maggior potenziale per i prossimi anni.

Vacanze natalizie: i viaggiatori stranieri scelgono l’Italia

Uno studio di Enit su dati Fordwardkeys ha rivelato un certo fermento nel settore dei viaggi dal 19 dicembre 2022 all’8 gennaio 2023. Le prenotazioni aeree internazionali verso l’Italia sono state infatti circa 274mila, il 57,3% in più rispetto al medesimo periodo 2021/2022. Insomma, per le festività natalizie fino all’Epifania i viaggiatori stranieri hanno messo in programma un viaggio in Italia. Soprattutto da parte degli americani. La forte rappresentanza del mercato statunitense continua, e raddoppia rispetto al 2021 (+49,8%). Le prenotazioni aeree dagli USA sono state 57mila, e la percentuale di americani sfiora il 21% sul totale degli arrivi esteri previsti. Al secondo posto, le prenotazioni da Germania (26.970, +22,2%) e al terzo quelle dal Regno Unito (21.730, +34,0%), per un’incidenza rispettivamente del 9,8% e del 7,9% sul totale.

Roma in testa alle destinazioni preferite dei visitatori internazionali

L’82% dei visitatori è un turista leisure. Sono ben 224.500, +50,5% sul 2022/2021. E con oltre 122mila prenotazioni aeree è Roma la destinazione con le migliori performance, destinata ad accogliere circa il 45% dei visitatori internazionali totali, l’82,2% in più rispetto allo stesso periodo 2021/2022. Roma è seguita sul podio da altre due città d’arte: Milano (oltre 74mila, +63,9%) con una quota di arrivi aeroportuali pari al 27,0%, e Venezia (oltre 24 mila, +30,2%) con il 9,0% sul complessivo.

Oltre 81mila coppie in volo verso la Penisola

Sono state 81.462 le prenotazioni per 2 passeggeri (+48,2% sul 2021), il 29,7% del totale. E i turisti internazionali viaggiano soprattutto in Economy, con circa 234mila arrivi aereoportuali (+59,2%), l’85,4% del totale. Segue la classe Premium (+47,7%, 7,5%), che conferma la propensione dei viaggiatori a spendere di più non solo per il volo, ma anche per tutti i servizi turistici del viaggio a vantaggio delle destinazioni prescelte. Esigue le richieste per la prima classe, più che dimezzate rispetto allo scorso anno (-53,8%).

Picco raggiunto l’ultimo dell’anno, soprattutto per montagna

Dal 19 dicembre 2022 all’8 gennaio 2023, le prenotazioni delle camere disponibili nelle strutture sui canali delle Online Travel Agencies sono state al 32,5%, contro il 19,0% dello stesso periodo del 2021-2022. Quanto al dato giornaliero, il livello di occupazione massimo si è rilevato per l’ultimo dell’anno (60%), quasi il doppio rispetto al tasso di saturazione delle festività natalizie 2021-2022 (36,5%). Per l’intero periodo, dalla montagna ai laghi alle città d’arte, tranne il mare, hanno superato la media nazionale. Primo fra tutti il comparto montano, con il 44,0% della disponibilità prenotata.
Il picco si è raggiunto l’ultimo dell’anno, soprattutto per montagna (79,5%) e laghi (69,1%). Rispetto al 2021, le performance migliori se le sono aggiudicate le città d’arte, con un tasso di saturazione medio superiore del 25%.

Pasta Made in Italy all’estero: ogni giorno servite 75 milioni di porzioni 

Sono 2,2 milioni di tonnellate: ogni giorno 75 milioni di porzioni di pasta italiana vengono proposte nelle case e nei ristoranti di quasi 200 Paesi. Che la si chiami noodle, nudel, pâte, massa, fideos, o macarrão, in tutto il mondo chi mangia la pasta pensa all’Italia. E in 10 anni i consumi totali all’estero sono quasi raddoppiati, da 9 milioni di tonnellate a quasi 17. Certo, noi siamo i più grandi consumatori, con circa 23 chili annui pro-capite, ma nel 2021 il 61% della produzione nazionale di penne, fusilli &co è stata destinata all’estero. Una ricerca di Unione Italiana Food è entrata nei ristoranti italiani all’estero, sfatando alcuni pregiudizi, dall’extra-cottura alle ricette che non troveremmo mai nei menu dello Stivale.

Per l’82% dei ristoratori esteri i consumi sono in crescita

Prima della pandemia, l’Economist, incoronava la cucina italiana come “la più influente al mondo”, davanti alla giapponese e quella francese. Nel 2022 sono 10 le ricette di pasta nella Top 30 della CNN dei “piatti italiani che tutti dovrebbero provare almeno una volta nella vita”. Oggi la ricerca di Unione Italiana Food ha intervistato 60 cuochi e ristoratori italiani attivi in Germania, Francia, UK, USA, Giappone ed Emirati Arabi Uniti. E per l’82% dei ristorati interpellati, con punte più alte in Giappone e Francia, il consumo di pasta è aumentato, confermando una tendenza che si era già notata nei consumi casalinghi, durante e dopo il lockdown.

Spaghetti, linguine, bucatini cucinati secondo le regole

La pasta è molto importante nel determinare il successo del locale per il 67% dei ristoratori (80% in Francia e Germania). Il 50% dei consumi di pasta nei ristoranti è coperto da pasta secca lunga, spaghetti, linguine, bucatini e soprattutto liscia. Si cucina seguendo il modello consueto (67%, soprattutto in Francia e in Giappone), con acqua che bolle e fuoco acceso fino al raggiungimento dei tempi previsti, poi scolata e condita o risottandola (30%), cuocendola in padella con il condimento. Praticamente sconosciuta (2% solo negli USA) la cottura cosiddetta passiva (pochi minuti di bollore poi fino a quando viene scolata a fuoco spento). Una curiosità: il 22% dei ristoratori serve maxi-porzioni oltre i 100 grammi, addirittura il 60% nell’insospettabile Francia.

Ricette regionali italiani servite al dente

In compenso, la filosofia della pasta al dente, che di fatto è sinonimo di approccio italiano alla pasta, si è affermata anche all’estero. Lo afferma l’82% dei cuochi interpellati. In Francia e USA la pasta è al dente praticamente in tutti i ristoranti, mentre il 18%, con punte del 40% in Giappone, si ‘piega’ al gusto locale, che a volte la preferisce stracotta. E sono anche pochi i compromessi rispetto agli usi locali: il 55% dei ristoranti serve ricette regionali italiane, il 31% ripropone la tradizione, e solo il 14% ritiene che il glocal sia la strada giusta. Ma le ricette che hanno poco a che vedere con il Made in Italy scompaiono nel 73% dei ristoranti.

Caramelle: un mercato maturo in cerca di innovazione

Uno studio Bva Doxa, Unione italiana food accende i riflettori sul rapporto degli italiani adulti con le caramelle, un rapporto in evoluzione che l’industria cerca di anticipare con innovazioni e nuove funzioni di consumo, diversificando un’offerta già ricca per gusti e formati. Dalle mentine alle gommose, che si contendono la leadership delle preferite con quelle alle erbe balsamiche, in cima alla classifica dei gusti più apprezzati, oggi le caramelle sono consumate da 9 italiani su 10. E a mangiarle sono soprattutto gli adulti, che 8 volte su 10 le comprano per sé e non per i bambini. In Italia Il comparto delle caramelle conta 25 milioni di consumatori abituali e aziende pluricentenarie che hanno addolcito le giornate di intere generazioni.

Nel 2021 esportate oltre 19mila tonnellate

Secondo un’elaborazione Unionfood su dati Istat lo scorso anno la produzione di caramelle si è attestata appena sotto le 90mila tonnellate, -6% rispetto al 2020, per un valore di circa 763 milioni di euro. Un dato bilanciato dalle esportazioni: nel 2021 sono state esportate oltre 19mila tonnellate, con un balzo in avanti del 34% rispetto al 2020, e un valore di 64 milioni di euro. Un trend positivo proseguito nei primi sei mesi 2022, con l’export del 28%, per una quantità esportata di oltre 11,6 mila tonnellate e un valore di quasi 40 milioni di euro. A premiare di più è il mercato tedesco, seguito da Paesi Bassi, Stati Uniti, Belgio e Francia.

Nel futuro meno ingredienti e più qualità

Il settore delle caramelle conta su circa 7.000 addetti, e ora cerca di intercettare i gusti dei consumatori moderni, che preferiscono quelle senza zucchero (56%) a quelle con lo zucchero (+44%). Un segnale di attenzione ad aspetti salutistici che nei prossimi anni potrebbe accelerare un percorso di sviluppo in questa direzione.
“Il consumo delle caramelle classiche è ormai stabile, parliamo di un mercato maturo che non ha spunti verso l’alto – spiega Luigi Serra, produttore e portavoce del progetto Piacere, caramelle di Unione italiana food -. Nel futuro cambierà la specializzazione della caramella: all’estero sono già diffuse le caramelle nutraceutiche: io penso che questa parte funzionale si accentuerà. E poi c’è il megatrend della ‘sottrazione’: meno ingredienti e più qualità”.

Aziende in difficoltà: raddoppiano i costi delle materie prime

Le prospettive di sviluppo, tuttavia, non possono non prescindere dall’attuale congiuntura economica, tra inflazione galoppante e rincari delle materie prime.
“Quella delle caramelle – continua Serra – è una produzione energivora, e gli aumenti del costo del gas mandano in difficoltà le aziende, ma l’aggravante sono i costi delle materie prime derivanti dai cereali, come lo sciroppo di glucosio e lo zucchero i cui costi sono raddoppiati”.
Intanto le caramelle, riferisce Askanews, provano a resistere, reinventandosi e conservando un posto nella quotidianità degli italiani, che le scelgono come gesto di cura per sé (45%), o regalandosi un viaggio nel passato. La caramella, insomma, è una moderna madeleine che evoca la dolcezza del tempo perduto.